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Gli italiani non hanno mai mangiato così poco

Allarme rosso da Unc dopo i dati Istat: preoccupazione anche dalle altre associazioni dei consumatori

Gli italiani non hanno mai mangiato così poco. È questo l'allarme lanciato da Unc, Unione nazionale consumatori all'indomani della pubblicazione da parte di Istat dei dati sulle vendite al dettaglio del mese di gennaio 2023 (vedi EFA News dal titolo Istat: crescono vendite alimentari al dettaglio a gennaio 2023). I dati positivi di gennaio sono “un rimbalzo” e “un’illusione ottica”, sottolinea l’associazione.

"Su base annua, infatti, al di là dei soliti rialzi in valore, un miraggio dovuto all’inflazione galoppante, le vendite in volume sono tutte negative, sia quelle alimentari che quelle non alimentari -spiega il presidente di Unc, Massimiliano Dona-. Il carovita e il caro bollette stanno avendo effetti devastanti sugli acquisti, persino quelli alimentari, ossia quelli per definizione più obbligati, che precipitano del 4,4% su gennaio 2022. Insomma, gli italiani sono a dieta forzata. Urge ridare loro capacità di spesa".

Codacons

Per il Codacons i dati sulle vendite al dettaglio "dimostrano come il caro-prezzi continui a incidere sulle abitudini degli italiani, portando ad una sensibile riduzione degli acquisti cui fa da contraltare un aumento della spesa". Il calo dell’inflazione, sostiene il Codacons, dipende solo dalla riduzione delle tariffe energetiche mentre i prezzi al dettaglio sono ancora su livelli altissimi e incidono sulla spesa degli italiani, sottolinea l’associazione.

"Le famiglie continuano a spendere di più per acquistare sempre meno, e la dimostrazione lampante arriva dagli alimentari, comparto dove le vendite a gennaio precipitano del -4,4% in volume a fronte di un aumento in valore del 7,5% -sottolinea il presidente Carlo Rienzi-. Numeri che attestano l’esigenza di un cambio di rotta sul fronte dei listini al dettaglio, con il Governo che deve adottare misure specifiche per calmierare i prezzi e tutelare il potere d’acquisto degli italiani, che si riduce giorno dopo giorno".

Adoc

"I dati che ha diffuso l’Istat sulle vendite al dettaglio non fanno altro che gettare benzina sul fuoco -dice Anna Rea, presidente di Adoc-. Il caro prezzi si abbatte su consumatori e intera economia. A seguito dell’aumento dell’inflazione i prezzi non calano e l’effetto del caro-prezzi pesa sulle famiglie italiane sempre più vessate e a disagio. A gennaio le vendite dei beni alimentari registrano una diminuzione del 4,4% nel volume, per quanto riguarda, invece, i beni non alimentari, c’è un piccolo aumento, ad eccezione dei prodotti farmaceutici (-1,4%). Tavole sempre più povere e, addirittura, rinunce per le cure. Chiediamo al Governo di agire subito e di allertare le prefetture e gli osservatori territoriali per un monitoraggio e un intervento immediato coinvolgendo le associazioni dei consumatori".

Coldiretti

Sulla questione interviene anche Coldiretti secondo cui il caro prezzi taglia del 4,4% le quantità di prodotti alimentari acquistate dagli italiani nel 2023 rispetto allo scorso anno che sono però costretti però a spendere comunque il 7,5% in più a causa dei rincari determinati dalla crisi energetica.

La situazione di difficoltà, secondo l'organizzazione degli agricoltori, è resa evidente dal fatto che volano gli acquisti di cibo low cost con i discount alimentari che fanno segnare un balzo del +10,1% nelle vendite in valore, il più elevato nel dettaglio. Secondo l’analisi Coldiretti/Censis, per difendersi dagli aumenti 8 italiani su 10, cioè l'81%, hanno preso l’abitudine di fare una lista ponderata degli acquisti da effettuare per mettere sotto controllo le spese d’impulso: il 72% degli italiani fa acquisti nei discount, mentre l’83% punta su prodotti in offerta, in promozione, pur di strappare i prezzi più bassi. 

“Le difficoltà delle famiglie si trasferiscono direttamente sulle imprese -spiega il presidente di Coldiretti Ettore Prandini- dove l’aumento dei costi di produzione colpisce duramente l’intera filiera agroalimentare a partire dalle campagne dove più di un'azienda agricola su 10, cioè il 13%, è in una situazione così critica da portare alla cessazione dell’attività, ma ben oltre 1/3 del totale nazionale (34%) si trova comunque costretta in questo momento a lavorare in una condizione di reddito negativo per effetto dei rincari”

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EFA News - European Food Agency
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