I dazi di Trump alla prova della Corte Suprema
E' partito l'iter dei giudici sulla legalità delle tariffe: "questione di vita o morte" per il presidente
"Il caso della Corte Suprema degli Stati Uniti è, letteralmente, questione di vita o di morte per il nostro Paese". Lo ribadisce il presidente Usa Donald Trump mettendo le mani avanti, come fa da mesi, su quella che potrebbe diventare la giornata del d-day per i suoi dazi. Tutti i riflettori, infatti, sono puntati da ieri 5 novembre sulla Corte Suprema Usa chiamata a pronunciarsi sulla legalità dell'uso da parte del presidente Trump dei poteri di emergenza per imporre dazi sulle importazioni da quasi tutti i partner commerciali americani (leggi notizia EFA News).
Ci vorrà tempo perché si arrivi alla sentenza, visto che l'iter processuale è appena iniziato ed è particolarmente complesso: oppure, come sostiene qualche osservatore, la decisione potrebbe essere rapida ma avere conseguenze "enormi" sull'economia statunitense. Non a caso le preoccupazioni del presidente e della sua amministrazione sono già palpabili visto che la sentenza potrebbe confermare la mano oppure scombussolare le carte sul tavolo dell'amministrazione Trump.
La decisione, come viene fatto notare da tempo, è tutt'altro che trascurabile comunque, visto che avrà rilevanti conseguenze economiche ma anche politiche. Dal punto di vista economico, infatti, la conferma dei dazi, ciò che di fatto comporterà la decisione della Corte Suprema qualora dicesse che Trump ha agito secondo la legge, potrebbe comportare un'escalation dei costi a pesare sulle spalle degli americani, in primis.
Pochi giorni fa Goldman Sachs ha fatto due conti sulle ricadute negli Stati Uniti a sei mesi dall’introduzione delle tariffe sulle importazioni decisi dal presidente Donald Trump. Ebbene secondo le prime proiezioni, i consumatori statunitensi stanno già sostenendo fino al 55% dei costi aggiuntivi (leggi notizia EFA News). Dal punto di vista politico, la decisone della Corte di fatto segnerà il prosieguo nella presidenza Trump e la sua credibilità a livello nazionale e internazionale.
I segnali che filtrano sono tutt'altro che rassicuranti: nel corso dell'udienza che si è tenuta a Washington per ascoltare le argomentazioni delle due parti, quella a favore e quella contro, le domande dei saggi, compresi quelli conservatori nominati dallo stesso Trump, hanno lasciato trapelare dubbi sulle tariffe, che sono state definite "tasse". Non solo: proprio i "saggi" hanno incalzato i legali del presidente, chiedendo spiegazioni sulla loro interpretazione dell'International Emergency Powers Act, quello a cui ha fatto ricorso il presidente per giustificare i dazi del 'Liberation Day' il 3 aprile scorso (leggi notizia EFA News).
Anche perché commentatori e addetti ai lavori americani non usano mezzi termini e vanno dritti al punto fin dall'inizio: ieri, durante le discussioni orali, i giudici della Corte Suprema hanno messo in dubbio l'autorità di Trump di imporre dazi ai sensi dell'International Emergency Economic Powers Act (IEEPA) del 1977, che non contiene alcun riferimento ai dazi, ma solo disposizioni sulla regolamentazione delle importazioni durante le emergenze nazionali dichiarate dal presidente degli Stati Uniti.
Niente mezzi termini nemmeno per il punto dolens eventuale, ossia i rimborsi. La questione è stata subito sollevata dal giudice Amy Coney Barrett, che ha affermato che “potrebbe essere un casino” per i tribunali gestire i rimborsi agli importatori statunitensi che hanno pagato dazi dichiarati illegali.
Fin dall'inizio, cioè fin da ieri, le dure domande poste dalla Corte Suprema degli Stati Uniti sui dazi globali imposti dal presidente Trump hanno alimentato le speculazioni sul loro possibile annullamento, ma hanno anche fatto temere un ulteriore caos, poiché si prevede che Trump passerà ad altre tattiche commerciali in caso di sentenza sfavorevole.
Col fiato sospeso ci sono le tante aziende in pressing sulla Corte affinché si pronunci contro le tariffe. Le aziende hanno chiesto a gran voce certezza e prevedibilità sulle tariffe doganali, in modo da poter pianificare i propri investimenti, ma il Conference Board, l'associazione delle imprese che fornisce approfondimenti sulle prospettive future dell'industria, ha affermato di non vedere alcun sollievo all'orizzonte.
Anche la Chamber of Commerce, la Confindustria americana, ha ripetutamente parlato di "danni irreparabili" alle aziende americane soprattutto qualora la decisione fosse per un niet, che equivarrebbe a dire basta dazi e, dunque, basta introiti miliardari ipotizzati da Trump a più riprese (leggi notizia EFA News). Perché se i "saggi" si pronunceranno contro Trump, quindi contro la legittimità dei suoi dazi, si aprirà un fronte che al solo pensiero dà i brividi all'amministrazione del presidente e non solo: quello dei rimborsi. Secondo alcune stime, infatti, dai dazi è arrivato un tesoretto di quasi 90 miliardi di dollari.
EFA News - European Food Agency