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CLARA MOSCHINI

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L'alimentare fa la parte del leone nel Ceta Italia-Canada

Nel 2021 è entrato in vigore l'accordo: il regime preferenziale dell'export sta favorendo il settore di casa nostra

Il 21 settembre di cinque anni fa è entrato in vigore il Ceta, ossia il Comprehensive economic and trade agreement tra Canada e Unione Europea. L'accordo “di nuova generazione” prevede non solo l’eliminazione della quasi totalità dei dazi sulle merci, ma anche l’accesso preferenziale al mercato dei servizi e la collaborazione tra i firmatari per il riconoscimento delle indicazioni di origine protetta. Oltre a questi l'agreement contempla provvedimenti volti a facilitare gli investimenti, la reciproca partecipazione delle imprese alle gare d’appalto pubbliche e la mobilità dei lavoratori.

L'accordo, di fatto, ha cambiato il volto del commercio internazionale degli ultimi anni tra Italia e Canada: grazie anche al Ceta, infatti, si è notato un ulteriore miglioramento che ha portato, nel 2021, le esportazioni italiane verso Ottawa a quota 4,8 miliardi di Euro. Un ritmo di crescita medio annuo, tra il 2017 e il 2021, del 5,5%, superiore di oltre un punto percentuale rispetto alla performance del made in Italy verso il mondo. 

A fare la parte del leone nell'export, secondo quanto rende noto Sace, è il settore alimentare di casa nostra: tassi di esportazione merci superiori all’80% si riscontrano per comparti quali prodotti alimentari lavorati, piastrelle in ceramica e lavori in vetro e pietra mentre per settori come tessile e abbigliamento, calzature e mezzi di trasporto il tasso è inferiore, intorno al 65%. 

Questo, secondo gli esperti, riflette il fatto che per filiere relativamente ben monitorate, come quella alimentare, è meno oneroso dimostrare l’origine preferenziale: al contrario, per filiere maggiormente frammentate e caratterizzate da un’elevata incidenza di input produttivi importati, può essere più complicato soddisfare i requisiti. 

Negli ultimi cinque anni, anche grazie all'alimentare, il Canada è diventato la nostra decima destinazione al di fuori dell’Ue guadagnando quattro posizioni. Anche i dati parziali di quest’anno confermano tale buona dinamica: +28,8% per il nostro export nel primo semestre rispetto allo stesso periodo del 2021. 

Circa il 60% dei beni italiani importati dal Canada corrispondente a 3,7 miliardi di Euro nel 2020, è soggetto a un dazio pari a zero secondo la Mfn, la Clausola della nazione più favorita: la restante parte, invece, è ammissibile nel regime preferenziale Ceta. 

Nel 2020 le merci italiane effettivamente esportate sotto il regime Ceta erano pari a 1,5 miliardi di Euro, determinando un Pur, un Preference utilization rate (la misura in cui le preferenze tariffarie fornite da un accordo commerciale vengono utilizzate dalle importazioni e dalle esportazioni di entrambe le parti) del 69,1%, ampiamente superiore a quello dei prodotti europei (55,2%), in crescita rispetto agli anni precedenti e con spazi di miglioramento. 

Non solo l’export di beni ha tratto vantaggio dall’accordo. Dal 2018, primo anno completo dall’applicazione del Ceta, si sono registrati significativi flussi di investimenti italiani diretti in Canada: in media annua, 500 milioni di Euro tra 2018 e 2021 contro 153 milioni nel periodo 2014-2017. L'anno scorso lo stock di investimenti ha raggiunto 4,5 miliardi di Euro. 

Le facilitazioni concesse alle imprese europee per accedere agli appalti e investire in questo mercato continuano a offrire importanti opportunità alla luce anche dei piani infrastrutturali promossi dal Paese, ad esempio quello del Québec 2022-2032 da 142,5 miliardi di dollari.

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EFA News - European Food Agency
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