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CLARA MOSCHINI

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Veg food: verso il grande flop globale?

Cibi succedanei della carne stanno risultando troppo costosi e meno salutari del previsto

Se c'è un settore alimentare in cui si può parlare senza indugio di effetto boomerang è quello del plant-based. La grande ascesa dei cibi "vegani" verificatasi nel recente passato si è ormai arrestata. Di più: è già iniziata la parabola discendente. Scelto spesso per ragioni "salutistiche", questo tipo di cibi si è rivelato controproducente proprio sul piano della salute. E' quanto emerge da numerosi studi menzionati nel saggio "Cibi falsi" (Newton Compton, pp. 224, 2025), a cura di Riccardo Fargione e Stefania Ruggeri (leggi notizia EFA News).

Una delle indagini menzionate nel volume è quella pubblicata da "The Lancet", condotta dall'Università di San Paolo e dall'Imperial College di Londra e supportato dal World Cancer Fund: il consumo di prodotti vegetali ultraformulati genera un aumento del rischio di malattie cardiovascolari del 5% e un aumento della mortalità del 12%. Secondo Fargione, tuttavia, "è bene non generalizzare, poiché i cibi a base vegetale non sono tutti uguali. Ad esempio, ci sono ricette fatte in casa che utilizzano solo prodotti naturali, senza l'aggiunta di additivi chimici".

Indipendentemente dal motivo profondo della china discendente intrapresa, i cibi a base vegetale (in particolare proteici) non sono riusciti a diventare un reale succedaneo della carne. Secondo un sondaggio pubblicato su "Nature" sulle tendenze d'acquisto di 39mila famiglie americane, è emerso che l'86% degli consumatori di prodotti vegetali non ha rinunciato alla carne propriamente detta. "Dunque, più che effetto sostituzione, parrebbe un effetto integrazione dei consumi di carne che non fornisce nessun contributo al pianeta", commenta Fargione.

Secondo il Center for Food Safety, organizzazione americana di matrice ambientalista, "sostituire i prodotti animali convenzionali con prodotti plant-based geneticamente modificati e ultraformulati, poco studiati e poco regolamentati, non è la soluzione alla crisi climatica".

Sul piano economico, nonostante gli 8 miliardi di dollari investiti nel settore negli ultimi dieci anni, le vendite ristagnano. Non solo questi prodotti non sembrano soddisfare le moderne esigenze di sostenibilità ma nemmeno riescono ad eguagliare la carne sul piano del gusto. Ne conseguono effetti clamorosi come il crollo di quasi l'80% delle azioni di Beyond Meat nell'ultimo anno. Discorso analogo per un'altra società delle proteine alternative, Impossible Foods, che ha chiuso due cicli di licenziamenti, lasciando a casa il 6% dei lavoratori. Da parte sua, Unilever ha dovuto pianificare la cessione di The Vegetarian Butcher (letteralmente "il macellaio vegetariano"...), marchio acquistato nel 2018, ora in perdita e con un valore di mercato in netto calo. 

"Complessivamente gli investitori internazionali sono diventati molto più cauti negli ultimi anni, con un crollo degli investimenti dell'86% nel 2024, il livello più basso degli ultimi cinque anni", si legge nel libro "Cibi falsi".

Gli analisti di Deloitte individuano tre ragioni in questo clamoroso flop: 1) un mercato più limitato di quanto fosse stato immaginato in un primo momento; 2) i maggiori costi dell'acquisto della "finta carne"; 3) i crescenti dubbi dei consumatori sulle promesse benefiche per la salute delle produzioni a base vegetale.    

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EFA News - European Food Agency
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