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CLARA MOSCHINI

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Caporalato e lavoro nero, indagini in Calabria, Toscana e Marche

A Reggio Calabiria 2 dipendenti in nero su 4: chiuso ristorante; stessa cosa a Firenze

Nelle Marche 5 pachistani hanno reclutato oltre 40 concittadini per il lavoro nei campi

Non smette di estendersi in Italia la piaga del fenomeno del caporalato e del lavoro nero nei campi agricoli. Prosegue, infatti, senza sosta l’attività di vigilanza che vede impegnati gli ispettori dello IAM (Ispettorato area metropolitana) di Reggio Calabria, che nei giorni scorsi hanno effettuato, in città e in provincia, una serie di accessi con l’obiettivo di contrastare il lavoro nero.

A Reggio, in un’azienda del settore ristorazione sono stati trovati 2 dipendenti in nero su 4. L’attività della ditta è stata sospesa per lavoro nero, con le conseguenti sanzioni e prescrizioni penali per mancata sorveglianza sanitaria e mancata formazione.

Nell’ambito dei controlli nel settore turismo e pubblici esercizi, il 1° ottobre gli ispettori del lavoro dello IAM di Firenze hanno effettuato un sopralluogo in un ristorante nel quale sono stati trovati 2 lavoratori in nero. È stato, pertanto, adottato il provvedimento di sospensione per il superamento della soglia del 10% di lavoro nero ed è stata comminata la relativa sanzione, pari ad euro 5.000, raddoppiata per recidiva, trattandosi di ristorante che era già stato sospeso per la medesima motivazione. I lavoratori irregolari sono stati allontanati. 

Seguirà la contestazione di 2 “maxisanzioni”, per un importo di 7.800 euro oltre alle prescrizioni in materia di sicurezza per la mancata formazione e l’omessa visita medica dei 2 lavoratori, per un totale di circa 3.500 euro.

Nelle Marche, 5 cittadini pachistani, residenti tra Cupramontana (AN) e Cingoli (MC), sono finiti a processo per intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro di una quarantina di loro connazionali. 

I 5 imputati hanno tra 28 e 46 anni: i fatti si riferiscono agli anni tra il 2021: nel 2023 quando avrebbero reclutato manovalanza straniera da far lavorare come braccianti agricoli per la raccolta di verdure e ortaggi. Il rinvio a giudizio è stato decretato dalla giudice Francesca De Palma nell'udienza preliminare che era stata fissata dopo la richiesta della Procura di rinvio tutti a processo per tutti e 5 gli imputati. Il dibattimento si aprirà il prossimo 4 febbraio. 

A scoprire lo sfruttamento è stata un'indagine dei carabinieri dell'ispettorato del lavoro che ha sistemato alcune cimici sui furgoni che andavano a prelevare i braccianti tracciando orari e percorrenze.

Secondo le accuse, i cinque accusati avrebbero monopolizzato il mercato del lavoro agricolo nelle province di Ancona, Macerata e Pesaro Urbino. La piramide aveva capo, ossia il titolare della ditta con base a Cupramontana, il quale assumeva la manovalanza per farla lavorare poi nelle aziende agricole della zona: un suo aiutante trovava gli alloggi e si occupava dei turni da far fare ai braccianti e altre tre persone che si sarebbero occupate dei trasporti e del controllo del lavoro svolto.

I braccianti non solo sarebbero stati sottopagati e costretti a lavorare senza rispettare le norme sulla salute e sulla sicurezza del posto di lavoro. I migranti avrebbero anche dovuto pagare 150 euro al mese per alloggi fatiscenti dove dormivano in precarie condizioni igieniche. Secondo le indagini, i lavoratori stranieri sarebbero stati avvicinati nei centri di accoglienza dove arrivavano senza nulla e anche senza speranze: da lì venivano reclutati per lavorare 12 ore al giorno sotto il sole e sotto le intemperie, sottopagati 5-6 euro l'ora. 

Proseguono le verifiche nel settore turismo e pubblici esercizi
Pubblicazione: 06 Ottobre 2025
Ultimo aggiornamento: 06 Ottobre 2025
Nell’ambito dei controlli nel settore turismo e pubblici esercizi, in data 1° ottobre gli ispettori del lavoro dello IAM (Ispettorato d’Area Metropolitana) di Firenze hanno effettuato un sopralluogo in un ristorante nel quale sono stati trovati 2 lavoratori in nero. È stato pertanto adottato il provvedimento di sospensione per il superamento della soglia del 10% di lavoro nero ed è stata comminata la relativa sanzione, pari ad euro 5.000, raddoppiata per recidiva, trattandosi di ristorante che era già stato sospeso per la medesima motivazione. I lavoratori irregolari sono stati allontanati. Seguirà la contestazione di 2 “maxisanzioni”, per un importo di 7.800 euro oltre alle prescrizioni in materia di sicurezza per la mancata formazione e l’omessa visita medica dei 2 lavoratori, per un totale di circa 3.500 euro.


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