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CLARA MOSCHINI

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Granchio blu sempre più da esportazione

Domani parte da Goro (FE) un carico da 200 quintali diretto negli Stati Uniti: prossima settimana tocca alla Corea del Sud

Un nuovo inizio. Per Vadis Paesanti, vicepresidente regionale FedagriPesca Confcooperative Emilia Romagna, l'idea di esportare il granchio blu fuori confine sembra rivelarsi risolutiva (leggi notizia EFA News). E fruttifera, anche. Domani 26 agosto partirà da Goro (Ferrara), una delle zone più "infestate", un container da 200 quintali di granchi (maschi, quelli preferiti dai consumatori) diretto negli Usa, precisamente a Savannah, in Georgia. Il 2 settembre un altro carico è già pronto direzione Los Angeles e, verso metà settembre, altro container verso il Mississippi. Nel frattempo, il 13 agosto è partito un carico diretto a Miami, sempre Usa, mentre il prossimo fine settimana, sarà il turno del carico diretto in Corea del Sud: un container di granchi blu femmine con le loro uova, considerate una prelibatezza nei ristoranti coreani alla pari del caviale, per intenderci. 

Da aprile scorso, dalla sponda emiliana, tre container, sempre da 20 mila chili, sono già andati in Corea del Sud, altri tre negli Stati Uniti. Oltre 2.100 sono i quintali di prodotto, cioè di crostacei, lavorati finora: 11 container, tra i 6 già partiti per Corea e Usa, e gli altri 5 in partenza, potrebbero diventare una ventina entro metà novembre, cioè alla fine della stagione. 

"La maggior parte del prodotto sarà destinato alle catene della gdo: puntiamo a ricavare almeno 1,5 euro al chilo - spiega Massimo Genari, presidente del Copego, Consorzio pescatori di Goro - In totale, entro la fine della stagione, dovremmo riuscire ad arrivare a 20 container, se le spedizioni proseguono al ritmo attuale: potrebbero fruttare oltre 3 milioni di euro di ricavi. Non riusciremo comunque a ricavare quanto abbiamo perso dalla mancata commercializzazione delle vongole ma è il primo anno, lo consideriamo un investimento per il futuro". I carichi diretti negli Stati Uniti hanno già subito la scure dei dazi al 10% quelli che partiranno adesso dovranno assoggettarsi al nuovo 15%. 

È in ritardo, invece, l'export verso lo Sri Lanka che doveva partire prima di ferragosto dalla sponda veneta, ossia da Scardovari (Rovigo). Un carico che doveva già prendere il mare ma che, come spiega Paolo Mancin, presidente del consorzio delle Cooperative dei pescatori del Polesine, "per motivi burocratici è ancora a terra". La colpa, spiega Mancin, sta in "documentazioni mancanti, soprattutto quelle sanitarie. Agosto non ci ha aiutati ma il carico deve partire assolutamente a settembre". La destinazione è Taprobane, multinazionale del pesce con sede in Sri Lanka.

Anche sulla sponda veneta del Delta del Po, il granchio viene lavorato e poi spedito. Per ora non è chiaro quanto sarà il ricavato del business. "Non lo sappiamo ancora, dobbiamo contrattare, ma speriamo di ricavare almeno 1,5 euro al chilo", dice Mancin dal Veneto. Più o meno quanto ipotizza la spoinda emiliana. Non è male, visto che col granchio era ormai appurato che ci si ricavava ben poco. 

"Il granchio viene pagato al pescatore che lo ha pescato 1,1 o 1,2 euro al chilo, se va bene, dallo stabilimento che lo lavora -spiega Paesanti-. Una cifra che non è reddito: se ci mettiamo, oltre al lavoro, la benzina e l'impiego di attrezzature, siamo già sotto. L'export potrebbe essere un nuovo inizio, nel quale siamo anche disposti a investire adesso". 

Come abbiamo detto, Paesanti considera l'export del crostaceo come una benedizione per i pescatori della zona che dal 2023, anno della comparsa massiccia del crostaceo, combattono con un "mostro di cui, solo nel 2024, sono state raccolte 967 tonnellate. E che quest'anno potrebbero essere ancora di più: basti pensare che nel 2025, al 29 luglio scorso, sono state pescate e smaltite 423 di tonnellate. "A 5 tonnellate la settimana -dice Paesanti- contiamo di superare le tonnellate del 2024. A meno che aprendo il canale estero, anziché smaltirlo lo si possa esportare".

Una roba non da poco anche perché la bestia non demorde e, come ogni anno ormai dal 2023, prolifera che è un piacere nelle acque calde del Veneto e dell'Emilia. Quest'anno, spiega Paesanti, dopo un periodo di "letargo", diciamo, si è risvegliato di brutto. La quantità non era quella del dell'anno scorso perché, spiega l'esperto, "il crostaceo ha fatto, come dicono gli anziani, una 'buttata in meno', una riproduzione meno. Per questo -dice- tre mesi fa, avevamo dei granchi grandissimi mentre due mesi fa avevamo dei granchi medio piccoli. Pochi giorni fa, però, si è risvegliato, col caldo e così adesso dappertutto c'è il disastro". 

Quando cambia la muta cioè quando il crostaceo cambia il carapace, diventa 3-4 volte più grande. "Noi -spiega Paesanti-: siamo in questa fase ma continuiamo la nostra raccolta e non sarà ancora finita". Goro, infatti, sta lavorando a un progetto con le università di Ferrara e Bologna per capire se la mangimistica può accettare il granchio in esubero. “Potrebbe essere destinato sia a mangime che a pet food", spiega l'esperto.

Fc - 53006

EFA News - European Food Agency
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