It does not receive public funding
Editor in chief:
CLARA MOSCHINI

Facebook Twitter Youtube Instagram LinkedIn

I dazi rischiano di far più male agli Usa che all'Italia

Intervista esclusiva con Marzio Dal Cin, pres. dell'azienda leader nei macchinari per il vino

"Parlare di dazi è ogni giorno rischioso, in quanto gli scenari cambiano continuamente". Giusto, soprattutto se a dirlo è un super esperto con Marzio Dal Cin, presidente di Dal Cin e rieletto per l’ottava volta, per il triennio 2023-2025, alla presidenza di Anformape, l'Associazione fornitori macchine e prodotti per l'enologia. Per quanto riguarda i dazi, stante le continue fluttuazioni di voci e indiscrezioni che rendono la materia difficile da trattare, a questo punto l'attesa è tutta per il 9 luglio quando scadrà il termine ultimo concordato tra Ue e Usa per l'entrata in vigore delle tariffe (leggi notizia EFA News) sempre che non arrivi un'altra proroga (leggi notizia EFA News). Nel frattempo vediamo di capire meglio cosa può succedere in un settore così importante per il made in Italy come quello dei macchinari per la viticoltura. 

Fondata da Gildo Dal Cin e oggi guidata da Marzio Dal Cin, la società, giunta al suo 75° anniversario, ha alle spalle una solida tradizione familiare che ha segnato la storia dell’enologia moderna grazie a numerosi brevetti e innovazioni. Con sede a Concorezzo (MB), la società nasce a Milano nel 1949 inaugurando il settore industriale dei prodotti enologici in Italia: oggi specializzata nella ricerca applicata e nella produzione di tutta la gamma delle specialità enologiche (additivi e coadiuvanti per la produzione vinicola). Nei suoi 75 anni di attività, Dal Cin ha ampliato progressivamente il suo lavoro di ricerca e produzione, espandendo i propri mercati in Italia e all’estero con la costruzione di stabilimenti produttivi e filiali commerciali, e con la nascita di alcune consociate italiane ed estere. L’azienda è oggi insediata su circa 56.000 mq di area industriale complessiva, di cui oltre un terzo coperta, con due stabilimenti di produzione a Concorezzo (MB) e Foggia, dove viene prodotto circa il 50% di tutte le specialitàvendute: esporta principalmente in Europa e ha una rete commerciale internazionale in fase di ulteriore sviluppo, che include mercati in UE, Est Europa/Russia, USA/Canada, Sud America, Cina, Sud Africa, Australia e Nuova Zelanda.

 "L'export negli Usa soprattutto della parte impiantistica è abbastanza importante in quanto negli Stati Uniti non c'è, di fatto, una produzione impiantistica per il settore enologico -spiega Dal Cin-. Arriva tutto dall'Europa, in particolare dall'Italia, qualcosa dalla Francia qualcosa dalla Spagna e dalla Germania. Però il grosso della produzione impiantistica mondiale è italiano. Se andiamo in una qualsiasi cantina del mondo, dal Cile, alla Nuova Zelanda, alla Cina e all'India, si trova sempre almeno una macchina italiana. Questo significa che l'Italia rappresenta “il produttore” della tecnologia meccanica del settore enologico. Ma questo significa anche che le cantine americane, se vogliono produrre vino, devono 'pescare' in Italia o comunque in Europa".

"Questo significa anche -prosegue Dal Cin- che il problema dei dazi va a impattare fortemente sulla produzione americana locale di vino. Con queste tariffe, l'America rischia di vedersi aumentare i costi in maniera esorbitante. Proprio perché non ha un'alternativa locale nel segmento della realizzazione degli impianti e dei macchinari per il vino".

"Detto questo -aggiunge il manager-, da un punto di vista pratico, non abbiamo un particolare timore sul tema dazi, proprio per i motivi che ho esposto. Anche perché per quanto riguarda i dazi, le percentuali continuano a variare e non è ancora detta l'ultima parola. Si parla di un 10% che poi forse diventerà un 20%, in un alternarsi di sensazioni tra il timore e il sollievo, in cui è difficile esprimere posizioni nette. La speranza è che si arrivi alla trattativa e al buon senso".

"Preoccupa di più -sostiene Dal Cin- una possibile svalutazione del dollaro rispetto all'Euro, che significherebbe, per noi europei, un prezzo più alto che impatta sul cliente americano. L'ideale, invece, sarebbe stata una svalutazione dell'Euro, cosa che però purtroppo non è successa.

"Teniamo presente poi -conclude Dal Cin- che il mondo della meccanica lavora su commissione il che significa che io non ho un magazzino pieno di impianti di imbottigliamento: gli impianti occorre ordinarli. Dietro alla realizzazione c'è un lavoro che dura per mesi con collaudi e altro. C'è da capire, dunque, l'impatto che ci può essere tra l'ordine che viene fatto dalla cantina americana e il momento in cui la stessa importerà il macchinario. L'ordine viene fatto a un certo prezzo, poi nel momento in cui viene fatta la consegna il rischio è di avere qualche percentuale in più legata ai dazi. I quali dazi, però, a questo punto sono indipendenti dal produttore o dal fornitore europeo, ma dipendono solo dalla decisione del governo americano. Alla fine la cosa preoccupa anche gli Stati Uniti: comprare, acquistare, pagare e portare a casa, è diverso da ordinare, pagare acconti e portare a casa fra sei mesi o oltre. Quando non si sa cosa succederà". 

Fc - 51304

EFA News - European Food Agency
Related
Similar