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CLARA MOSCHINI

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Agro Italia/2. Qualità, sostenibilità e innovazione tre driver dell'agribusiness

Per 41 prodotti agricoli siamo tra i primi 3 produttori UE. Ed è stato raggiunto il 18,7% di superfici bio

"Il Made in Italy agroalimentare continua a espandersi con solidità, dimostrando resilienza e capacità di presidiare sia mercati maturi che nuove aree strategiche”. Lo sostiene Valerio Mancini, direttore del Centro di ricerca divulgativo di Rome Business School e autore del report “Il Futuro del settore food made in Italy. Filiera, export e rivoluzione green” (leggi notizia EFA News).

Per 41 prodotti agricoli l’Italia è tra i primi tre produttori UE, ed è prima per 16, tra cui carciofi, cime di rapa, kiwi e grano duro. Tra le regioni trainanti: Puglia, Sicilia, Toscana e Campania. Questa varietà è alla base del successo di molte filiere: olio toscano +43,5% verso Usa, pasta e dolci di Alba +16,5%, mele dell’Alto Adige +18,9%, salumi del modenese +5,2%, con punte del +31,7% verso gli Stati Uniti. I mercati emergenti hanno rappresentato il 20% dell’export complessivo, con aumenti a doppia cifra in Polonia (+15,3%), Romania (+15,2%) e Cina (+9,7%). 

Dazi USA: rischio strategico per l’export 

L’introduzione dei dazi da parte dell’amministrazione Trump, entrati in vigore nell’aprile 2025 al 10% e dal 1° agosto prossimo al 15% dopo gli accordi in Scozia, pur se è ancora incerta l'applicazione sui prodotti agroalimentari (leggi notizia EFA News), ha aumentato la pressione sulle esportazioni italiane, in particolare nei comparti più esposti come olio, vino e latticini. Nonostante il trend di crescita dell’export verso gli Stati Uniti sia rimasto positivo nel 2024 (+14,9%), "i nuovi dazi rischiano di rallentare bruscamente questo slancio", secondo il report di Rome business school. 

La risposta strategica, sottolinea il report, passa dalla diversificazione dei mercati: nel 2024 le esportazioni verso le economie emergenti sono cresciute del 7,7%, con ottime performance in Cina, Polonia e Romania, a conferma dell’urgenza di rafforzare nuove rotte commerciali.

Transizione ecologica, verso un nuovo modello sostenibile

Nell’ultimo anno l’Italia ha raggiunto il 18,7% di superficie agricola in biologico, pari a 2,3 milioni di ettari, con oltre 92.000 aziende attive. I consumi interni hanno superato i 4,1 miliardi di euro, mentre il settore continua a migliorare le proprie performance ambientali.

L’agricoltura è responsabile di appena l’8,7% delle emissioni di gas serra in Italia, al di sotto della media UE, e ha ridotto del 7,8% le emissioni per unità di output (Ispra, 2023). Resta però il principale responsabile delle emissioni di ammoniaca (90%), legate in gran parte al comparto zootecnico. 

Gli allevamenti sono fortemente concentrati al Nord: il 66% dei bovini e l’88% dei suini si trovano tra Lombardia, Emilia e Veneto, in particolare nelle province di Lodi, Cremona e Brescia. Questa concentrazione rende l’impatto ambientale particolarmente critico in alcune aree del Nord, dove la transizione richiede interventi mirati. Proprio per questo, nel 2024, grazie al PNRR, sono stati investiti oltre 350 milioni di euro in soluzioni digitali e sostenibili. 

Ma in questo scenario, le politiche europee impongono obiettivi ambiziosi: il Green Deal e il piano Fit for 55 puntano a ridurre del 55% le emissioni entro il 2030, mentre il Regolamento Effort Sharing assegna all’Italia un target specifico del -43,7% nelle emissioni agricole entro lo stesso anno. Raggiungerli richiederà un cambio di passo profondo, che integri innovazione, governance e riequilibrio territoriale

(2 - fine)

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EFA News - European Food Agency
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