Linfa: investire nell'innovazione
Intervista esclusiva con Mauro Odorico, founder del fondo di Riello Investimenti

Private equity sempre più attivo nell'agroalimentare, come testimonia anche kla recente operazione del fondo Linfa su Bevy, start up della distribuzione a domicilio (vedi articolo di EFA News).
Mauro Odorico, Founder del fondo Linfa di Riello Investimenti Sgr, in questa intervista esclusiva a Efa News, spiega la ratio che ha portato all’investimento in Bevy ed Exolab e quali saranno i prossimi investimenti del fondo.
Quali sono la ratio e gli obiettivi degli investimenti in Bevy ed Exolab?
Bevy ed Exolab rappresentano due esempi distintivi della nostra strategia: investire in innovazione concreta, impatto misurabile e team ad alta capacità esecutiva. Bevy, piattaforma digitale per il delivery B2C di bevande e prodotti per la casa, si distingue per il modello operativo sostenibile (flotta elettrica, gestione del vuoto a rendere) e per la qualità dell’infrastruttura tecnologica. Ma ciò che ci ha convinti più di tutto è stata la capacità di execution dimostrata dai founder, che in pochi anni hanno costruito un modello replicabile, in grado di affrontare il mercato con efficienza e ambizione industriale. Exolab, startup biotech abruzzese, ha sviluppato una tecnologia proprietaria per estrarre esosomi vegetali ad altissimo contenuto bioattivo, con applicazioni in nutraceutica, cosmetica e drug-delivery. Il team scientifico – tra i maggiori esperti mondiali del settore – unito alla forte spinta imprenditoriale dei co-founder, ha dimostrato di saper convertire ricerca di frontiera in accordi industriali con leader globali del mercato. In entrambi i casi, il nostro obiettivo è sostenere la scalabilità industriale e commerciale di modelli italiani ad alto potenziale, che coniugano sostenibilità, tecnologia e impatto positivo.
Quanti dossier state analizzando in vista di futuri investimenti?
Abbiamo attualmente una pipeline attiva di circa 15 dossier a fronte di diverse centinaia di dossier, con target distribuiti in tutta Europa. Nonostante il nostro focus resti fortemente orientato al mercato italiano – dove riteniamo esista un capitale imprenditoriale ancora largamente sottovalutato – stiamo esplorando anche opportunità cross-border, in particolare in mercati dove l’innovazione agrifood è già più matura. Pensiamo di finalizzare altri 3 investimenti entro la fine dell’anno, in settori che vanno dall’agritech alla nutraceutica, dalla logistica circolare alla trasformazione alimentare sostenibile.
Può tracciare un identikit della preda ideale?
Siamo un fondo di impact investing, e questo orientamento guida ogni nostra scelta. Cerchiamo aziende che, oltre ad avere un modello di business solido e scalabile, abbiano un impatto ambientale positivo concreto e misurabile. La nostra “preda ideale” è una realtà con tecnologia proprietaria o distintiva, già validata sul mercato, guidata da un team competente e determinato. Privilegiamo aziende che operano in settori come l’agritech, la nutraceutica, la circular economy o la trasformazione alimentare sostenibile, con particolare attenzione alla riduzione delle emissioni, alla rigenerazione delle risorse naturali e alla riduzione degli sprechi lungo la filiera.
Il vostro target di raccolta del fondo Linfa è di 80 milioni. A che punto siete?
Abbiamo già raccolto oltre 60 milioni di euro in sottoscrizioni e siamo fiduciosi di raggiungere il target di 80 milioni nei prossimi mesi. Stiamo dialogando con diversi interlocutori, tra cui investitori istituzionali, family office e soggetti industriali, che condividono la nostra visione e sono interessati a sostenere una strategia di investimento ad alto impatto nel settore agroalimentare.
Avete in programma il lancio di altri fondi simili?
Sì, stiamo già lavorando alla strategia per un nuovo fondo che prosegua e ampli la traiettoria avviata con Linfa. L’interesse verso investimenti ad alto impatto è in crescita, sia da parte di investitori istituzionali che di family office, e crediamo ci sia spazio per veicoli specializzati su verticali come il climate tech applicato all’agricoltura o la rigenerazione industriale della filiera agroalimentare.
L'arrivo di Trump ha messo la sordina a molte iniziative ESG. Crede che l'impact investing possa essere tra queste?
Siamo un impact fund focalizzato sul mercato europeo, dove la spinta verso sostenibilità e transizione ecologica resta forte, sia a livello normativo sia nella domanda degli investitori. È possibile che il ritorno di Trump rallenti alcune iniziative ESG negli Stati Uniti, ma non crediamo che ciò fermerà l’innovazione ad alto impatto anche perché spesso impatto ambientale significa resilienza e sostenibilità anche dal punto di vista commerciale. Al contrario, tecnologie particolarmente sofisticate e soluzioni pionieristiche nate in contesti europei potrebbero trovare spazio anche nel mercato americano, magari inizialmente tramite partnership industriali o R&D.
I dazi di Trump quanto potranno impattare in negativo nel settore agrifood?
I dazi possono certamente influenzare i flussi commerciali e creare instabilità, ma la questione dell’autosufficienza alimentare va ben oltre i governi: è una necessità strutturale. Le crisi degli ultimi anni hanno reso evidente che dipendere da filiere lunghe o da Paesi terzi è un rischio che il sistema agroalimentare europeo non può più permettersi. In questo senso, l’impatto dei dazi potrebbe addirittura accelerare alcuni processi virtuosi: rilocalizzazione produttiva, riduzione delle importazioni, innovazione agritech. Le aziende che investono in sostenibilità e resilienza saranno le meglio attrezzate per affrontare scenari globali incerti.
EFA News - European Food Agency