Dazi. Ponti a EFA News: "Non ci sono mercati paragonabili a quello Usa"
Presidente Federvini sugli alert sanitari: "Bevitori moderati vivono più degli astemi"

Più volte è intervenuto sulla questione dei dazi, insistendo sulla linea delle "tariffe zero" (leggi notizia EFA News). Nuovamente intervistato da EFA News, il presidente di Federvini Giacomo Ponti, è tornato sull'argomento, soffermandosi anche su altre sfide del suo inizio mandato.
Presidente Ponti, lei è in carica da poco più di un mese alla guida di Federvini: quali sono, a suo parere, le sfide più importanti del suo mandato?
Abbiamo sul tavolo parecchi dossier. Il più "caldo", ovviamente, è il dossier dei dazi ma c'è quello sulle malattie non trasmissibili, quindi il rapporto su alcol e salute, fino alla difesa delle nostre indicazioni geografiche - dai vini agli aceti come il Balsamico di Modena - spesso oggetto di imitazioni e contraffazioni. In Federazione, ho trovato un team eccellente e, soprattutto, grande compattezza fra le visioni di tutti gli associati: c'è molta unità di intenti, una visione comune e questo aiuta nell'azione che la Federazione deve svolgere nei confronti delle istituzioni e degli stakeholder in generale.
Più volte, Lei è intervenuto sul tema dei dazi Usa. Con le tariffe al 15% accordate tra Trump e von der Leyen, ritiene che sia arrivato il momento propizio per incentivare mercati esteri diversi da quello statunitense?
Su questo punto bisogna essere molto chiari. Sostituire un mercato importante come quello degli Stati Uniti, che esprime i numeri e valori che sappiamo, è pura fantasia. Se ci fosse stato un mercato simile, l'avremmo già presidiato. Le faccio un esempio: l'Australia è un mercato che ama molto i prodotti italiani, essendo un Paese che è sempre stato meta di una forte emigrazione italiana, al punto che mi risulta la più numerosa colonia di italiani sia proprio a Melbourne. Detto ciò, parliamo di appena 25 milioni di abitanti, quindi la dimensione del mercato non è decisamente paragonabile a quella degli Stati Uniti. In ogni caso, l'Australia è già saldamente presidiata da prodotti italiani, lì da tempo largamente esportati. E' ovvio che poi si guarda all'Estremo Oriente, India e Cina in particolare, ma si tratta di Paesi con culture gastronomiche molto radicate, un po' come lo è l'Italia. Intendo dire che convincere un giapponese o un indiano a consumare e a bere prodotti italiani è possibile ma è un processo molto lungo. Poi ci sono Paesi come l'Arabia Saudita, dove gli alcolici sono vietati. Negli Emirati Arabi Uniti, l'alcol si può consumare ma solo in certe condizioni, quindi nella scala cinque stelle o in alcuni ristoranti. Vi sono dunque limitazioni determinate dalla cultura o dalle leggi di determinate nazioni. Tutti i Paesi del mondo sono senz'altro sotto sotto la lente di ingrandimento dei mercati, tuttavia ribadisco: se ci fossero dei mercati estremamente potenziali, sarebbero già presidiati. Quindi, la salvezza sarebbe nella possibilità di una compensazione tra un mercato importante come quello degli Stati Uniti e un mercato estero più importante. Ma questa, chiaramente, è un'illusione. Per questo, la trattativa sui dazi dovrà continuare ad oltranza, per salvaguardare i nostri prodotti in un mercato per noi così strategico. Speriamo che, in generale, prevalgano equilibrio e ragionevolezza, non un sistema che vada a penalizzare, economie, filiere e investimenti importanti che tutte le aziende hanno fatto sul suolo italiano e anche americano.
E' di alcune settimane fa, il passo indietro dell'Irlanda sugli alert sanitari da applicare sulle bottiglie di vino: come avete accolto questa notizia?
Per noi, ovviamente, è un risultato positivo, che attribuiamo anche a un lavoro congiunto della nostra diplomazia, delle nostre aziende e della nostra federazione. Questo "warning" sarebbe stato davvero molto pericoloso per le nostre esportazioni e avrebbe creato un precedente importante anche perché vi sono Paesi, specie nel Nord Europa, che già disincentivano pesantemente i consumi di alcol attraverso fiscalità penalizzanti e campagne di comunicazione che li scoraggiano. E' significativo, comunque, che, in questo modo, se da un lato i consumi scendono, l'abuso continua a persistere, se non addirittura ad aumentare. Al contrario, comunicando una cultura del "saper bere", nell'ambito di una socialità positiva, si evita o si contrasta l'abuso di alcune delle sostanze alcoliche. Non è con l'estrema penalizzazione che si risolve il problema. Del resto, posso citarle uno studio che afferma: in base alla curva dei consumi alcolici, il bevitore in "stile mediterraneo", quindi italiano, spagnolo ma anche francese, portoghese o greco, con consumo consapevole e moderato di alcol, ha una vita più lunga non solo rispetto al bevitore in eccesso, ma anche all'astemio.
In conclusione, che auspici nutre il vostro settore per la prossima vendemmia?
Al momento, visto il l'andamento climatico, dovrebbe trattarsi di una vendemmia nella norma. Bisognerà valutare, poi, le rese nelle varie cantine, comunque, dopo la vendemmia 2023, che è stata la peggiore degli ultimi 70 anni, e quella del 2024, che è stata comunque pessima, la vendemmia del 2025, in termini di quantità, dovrebbe presentarsi come una vendemmia regolare, salvo eventuale grande siccità nel mese di agosto.
EFA News - European Food Agency