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CLARA MOSCHINI

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Buoni pasto, si scatena la bufera

Il ddl Concorrenza limita al 5% le commissioni applicate a bar e ristoranti dalle società emettitrici (che annunciano licenziamenti)

È bufera sui buoni pasto. A scatenare la tempesta è la nuova normativa contenuta nel ddl Concorrenza che limita al 5% il tetto delle commissioni che le società che emettono i ticket possono applicare a bar, ristoranti e supermercati.. la normativa entra in vigore da settembre ma il contenzioso si è già aperto: di fatto, sono soprattutto le società che emettono i buoni pasto a non gradire la novità arrivando perfino a denunciare la possibilità di tagli.

Andiamo con ordine. Dal 1° settembre tutti i buoni pasto emessi avranno una commissione massima del 5% per gli esercenti che fanno parte delle reti convenzionate. La norma è già in vigore nel settore pubblico ma ora viene estesa a quello privato in modo, secondo il legislatore, da rendere più sostenibili, per supermercati, bar e ristoranti, queste forme di welfare aziendale.

Sia chiaro: non cambia il valore dei buoni per i lavoratori. E infatti la misura che avrà un effetto diretto su di loro. La nuova norma sulle commissioni, inoltre, riguarderà tutti i buoni pasto, sia quelli cartacei sia quelli elettronici. I contratti già firmati si dovranno adattare alla nuova legge entro il 31 agosto: i buoni già emessi rimarranno validi, con le vecchie commissioni, fino al 31 dicembre di quest’anno. A partire dal 1° gennaio del 2026 però, anche per questi titoli le commissioni si abbasseranno a un massimo del 5%.

La norma protegge gli esercenti, dando loro maggior potere contrattuale sulle società. Le commissioni, infatti, vengono pagate dagli esercenti, cioè dai supermercati, ristoranti, bar, alle società che emettono i buoni pasto, per poter entrare nella rete e quindi accettare i ticket come pagamento. Il risultato sperato è un riequilibrio del mercato in favore degli esercizi commerciali e, con il tempo, un aumento degli esercenti e dei ristoratori che accettano i buoni pasto come pagamento.

Non a caso, a festeggiare la novità sono soprattutto gli esercenti. Come sottolinea Luciano Sbraga, vice direttore e responsabile dell’ufficio studi della Fipe Confcommercio, "si evita uno squilibrio tra mercato privato e pubblico: il rischio era che le società dei ticket compensassero le mancate commissioni incassate dalle Pa nelle convenzioni con il privato. Il mercato sarà più sano, i migliori emergeranno in un clima più concorrenziale". 

“La revisione del sistema delle commissioni sui buoni pasto -aggiunge Sbraga- è una necessità ormai inderogabile. Siamo dunque assolutamente favorevoli all’introduzione di un tetto massimo del 5%, come previsto dal ddl Concorrenza. Attualmente, gli esercenti arrivano a pagare commissioni che sfiorano il 20%, una soglia inaccettabile che mina la sostenibilità economica di moltissime attività”.

Gli fa eco Giancarlo Banchieri, presidente di Fiepet Confesercenti, la sigla che rappresenta ristoratori, baristi e altri pubblici esercizi aderenti alla confederazione. "Per bar, ristoranti e pubblici esercizi -dice Bucchieri- è una vera boccata d’ossigeno, soprattutto in una fase in cui i margini continuano a ridursi. Secondo le nostre stime, grazie a questa misura gli imprenditori potranno risparmiare complessivamente fino a 400 milioni di euro l’anno”.

Non sono per niente contente, invece, le società che emettono i buoni pasto: la nuova norma, secondo loro, le costringe a limitare i guadagni. "Il tetto del 5% -denuncia Anseb, Associazione italiana società esercenti buoni pasto, che riunisce i principali operatori del settore- determina nuovi costi in particolare per le aziende che acquistano il servizio sostitutivo di mensa aziendale per i propri collaboratori. Il blocco dei prezzi configurerà un aggravio dei costi per le imprese che acquistano i buoni pasto per i propri dipendenti".

I buoni pasto, infatti, sottolinea l'associazione, vengono venduti dalle società che li emettono alle aziende con uno sconto sul valore di facciata, che viene poi recuperato con le commissioni. A un calo delle commissioni potrebbe corrispondere una diminuzione di questo sconto e, di conseguenza, un aumento dei costi per le aziende.

"I direttori del personale intervistati dal Centro ricerche Aidp, l'Associazione italiana dei professionisti delle risorse umane -prosegue Anseb- hanno dichiarato che tale misura costringerà le imprese a tagli e rimodulazioni delle risorse del welfare aziendale (66% dei casi). Nello specifico, il 39% afferma che dovrà tagliare altre voci di spesa HR per l'incremento del costo del buono pasto e il 15% che dovrà ridurre il valore facciale del buono pasto (oggi la media è di 6,75 euro)”.

Risponde Fipe Confcommercio: per quanto riguarda i possibili tagli denunciati dalle società che emettono i ticket, specifica Sbraga, i buoni pasto, come altre forme di welfare aziendale, sono esenti da tasse e contributi. Quindi, sottolinea Fipe, per le aziende rappresentano già un significativo risparmio sulla retribuzione diretta.

Fc - 53120

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