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CLARA MOSCHINI

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Italiani e pasta: un piatto da 70,7 mln euro

Coop Alleanza 3.0 racconta i principali trend dell’alimento, tra i simboli dell’italianità nel mondo

"Maccarone, m'hai provocato... e io te distruggo, maccarone!": introdotti dalla celeberrima frase di Nando Mericoni, personaggio magistralmente interpretato da Alberto Sordi, in occasione della Giornata mondiale della pasta, in calendario il 25 ottobre, Coop Alleanza 3.0 racconta i trend di acquisto dei soci e consumatori inerenti a questo alimento tra i simboli del nostro Paese.La foto è scattata dall’osservatorio dei suoi 350 negozi ubicati da Trieste a Lecce, lungo la via Emilia scendendo e la dorsale adriatica e EasyCoop, il servizio di spesa online offerto dalla Cooperativa.  

La pasta, icona globale dell’Italia In Italia esiste una straordinaria varietà di paste alimentari, sia per formato (forma della pasta) sia per ingredienti utilizzati. Le fonti istituzionali e ricerche di settore concordano sul fatto che il numero di tipi di pasta italiani è nell’ordine delle centinaia. Ma quando e come è avvenuto questo passaggio da alimento regionale a icona globale? Lo spiega Alberto Grandi, professore associato di Storia del cibo all'Università di Parma. “Il passaggio della pasta da piatto regionale a icona globale non è stato né spontaneo né romantico: è il risultato di emigrazione, industria e marketing, non di tradizione tramandata da generazioni. Fino all’Ottocento, la pasta era una realtà regionale, con poche varianti locali e spesso considerata un cibo dei poveri e il consumo era quasi totalmente concentrato nella città di Napoli. Il primo vero salto avviene con l’emigrazione di massa tra fine ’800 e inizio ’900: milioni di italiani partono per le Americhe e tra loro molti napoletani che portano con sé la memoria del piatto di pasta. Il vero salto di status, però, arriva nel dopoguerra, con il boom economico e la nascita del concetto di “Made in Italy”: moda, design, cinema e… cucina. La pasta, da prodotto popolare, diventa emblema dello stile di vita italiano, grazie anche a Fellini, alla pubblicità, e alle grandi aziende che iniziano a esportarla ovunque. Da piatto di necessità diventa piacere codificato, globalizzato e impacchettato. Quindi non è diventata simbolo del Made in Italy perché è “buona e basta”. È diventata simbolo perché è versatile, industrializzabile, e narrabile. In pratica, perché la pasta ha avuto un ottimo ufficio stampa”.

Nei negozi della Cooperativa, nel 2024 sono stati acquistati 55,5 milioni di pezzi. L’amore degli italiani per la pasta ha portato a sviluppare un giro d’affari di 70,7 milioni di euro, nei negozi della Cooperativa. Con 38,3 milioni di pezzi venduti, è la pasta secca di semola quella preferita dagli italiani. All’interno di questo vastissimo gruppo la preferenza dei consumatori ricade sui formati di pasta secca, cosiddetti corti, ovvero con una lunghezza inferiore ai 6–7 cm circa (tra cui solo a titolo di esempio penne, fusilli, rigatoni) di cui sono state vendute 22,8 milioni di confezioni. La regina delle paste corte per i consumatori di Coop Alleanza 3.0 sono le penne che, tra lisce e rigate, sono finite nei carrelli con oltre 5,6 milioni di pezzi (32% a marchio Coop). Nel derby penne lisce contro rigate, vincono quest’ultime con il 76% delle preferenze. Al secondo posto troviamo i fusilli con 3,1 milioni di confezioni vendute, mentre la medaglia di bronzo va ai rigatoni con 1,4 milioni di pezzi venduti.  La pasta secca di semola lunga, ovvero in formati allungati, cioè superiori ai 10–12 cm si piazza al secondo posto nelle preferenze degli italiani con 9,4 milioni di confezioni. Dominatori incontrastati nelle preferenze per la pasta lunga sono gli spaghetti, grazie alle oltre 4,1 milioni di pezzi venduti, di cui il 32% a marchio Coop. Seguono le linguine con 1,1 milioni di confezioni e gli spaghettini con quasi un milione di pezzi.

Sugli spaghetti circolano ancora dei luoghi comuni, che cerchiamo di smentire con Alberto Grandi “Gli spaghetti non nascono in Italia e no, non ce li ha portati Marco Polo dalla Cina, quella è una favoletta da turisti. In realtà, i veri "precursori" della pasta lunga arrivano grazie agli Arabi, che già nel IX secolo producevano una specie di pasta secca a base di grano duro in Sicilia. Parliamo della zona di Trabia, vicino Palermo, dove già si esportava una sorta di spaghetti primordiali chiamati itriyya. Quindi, la vera rivoluzione non è stata "inventare" la pasta, ma essiccarla, così da poterla conservare e trasportare, temi da logistica alimentare, non da poesia gastronomica. Da lì in poi, la pasta secca si diffonde lungo il Mediterraneo come un prodotto pratico e democratico, ben prima di diventare l’orgoglio delle nonne napoletane. E quando diventa un “simbolo”? Paradossalmente quando ci vergognavamo un po’ di esserlo: tra fine '800 e inizio '900, gli emigrati italiani venivano derisi come macaroni eaters o spaghetti benders. Era uno stereotipo di povertà, non certo di eccellenza culinaria”.

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