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Carne finta: affari d'oro per Good Meat

Filiera Italia: “Intanto Pac e Farm to Fork mettono a rischio le nostre produzioni zootecniche"

“Mentre l’Europa, attraverso una evoluzione troppo ideologica e non più attuale con il contesto di crescente insicurezza alimentare, mette a rischio il futuro delle nostre produzioni zootecniche di eccellenza, le multinazionali del cibo sintetico avanzano indisturbate”: così Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia, commenta le ultime notizie relative all’ascesa in Asia e in USA della più grande industria di carne sintetica, Good Meat. 

“Sono più di 800 le startup che oggi nel mondo lavorano su alternative sintetiche alla carne, imprese che raccolgono cifre da capogiro, senza che nessuno abbia mai verificato l’impatto che questo genere di prodotto potrebbe avere sulla salute umana” incalza il consigliere. “Sarebbe doveroso che prima di mettere in commercio questo tipo di prodotti si facesse una seria pluriennale sperimentazione - spiega Scordamaglia - per capire come cellule indifferenziate cresciuta in un brodo con antibiotici e fattori di crescita interagiscono con le cellule umane, visto che questi fattori di crescita sono spesso coinvolti anche nella cancerogenesi”. 

“Ma non è tutto - continuano da Filiera Italia - qui siamo davanti a una aperta strumentalizzazione della causa ambientalista: sarebbe interessante conoscere le emissioni di CO2 e i consumi energetici esatti che bioreattori di dimensioni industriali producono”. Per gli stabilimenti di Good Meat in USA si parla di una capienza di 250.000 litri. “Il sistema ha una falla - afferma Scordamaglia - se nessuna autorità di controllo interviene seriamente a chiarire questi aspetti, e questo forse avviene perché le risorse messe a disposizione dagli investitori, che guarda caso sono gli stessi che controllano buona parte del web, sono davvero oltre qualsiasi immaginazione” . 

“La strategia Farm to fork - prosegue il consigliere - infatti se interpretata ideologicamente, come sembra fare l’ultima proposta che equipara le piccole stalle alle fabbriche inquinanti in termini di autorizzazione di emissioni, spalanca la porta a questa deriva verso il cibo sintetico”. E conclude Scordamaglia “Non resta che augurarsi che l’Italia con i suoi consumatori, i suoi produttori e, speriamo, con tutti i suoi rappresentanti politici farà da scudo ad un’alimentazione di sintesi che vuole distruggere ogni distintività e concentrare nelle mani di poche di multinazionali globali l’alimentazione del futuro”.

red - 25289

EFA News - European Food Agency
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