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Arresto Messina Denaro, duro colpo al business delle agromafie

Coldiretti, a favorire la latitanza del boss sarebbe stato un commerciante di olive cultivar Nocellara

Quello di Matteo Messina Denaro non è solo l'arresto di uno dei più pericolosi latitanti della storia italiana. È anche, soprattutto, un durissimo colpo ai business della mafia di cui il superboss era il manager assoluto. Compreso quello dell'agroalimentare. Lo ribadisce in un comunicato ufficiale Coldiretti che, ringraziando il lavori di Ros e magistrati, rende noto come l’agroalimentare, dai campi alla tavola, sia diventato un settore prioritario di investimento della malavita: da solo, rivela il presidente Coldiretti Ettore Prandini, il business criminale delle agromafie ha superato 24,5 miliardi di Euro. "L'arresto di del boss -sottolinea Prandini-mette la parola fine a una latitanza che ha impoverito l’economia e la reputazione del Paese". 

Un colpo mortale a un sistema mafioso "con interessi radicati in vasti comparti dell’agroalimentare come dimostra il fatto che -ribadisce Coldiretti- a favorire la latitanza del boss sembra essere stato un commerciante di olive che gestiva un centro per l’ammasso delle cultivar Nocellara del Belice alla periferia di Campobello di Mazara e che tra i doni preferiti per i sanitari c’erano olio o altre specialità contadine.

Il riferimento è a Giovanni Luppino, l'uomo arrestato stamattina insieme al boss che aveva accompagnato in clinica. Luppino è di Campobello di Mazara, paese vicino a Castelvetrano, città natale del boss: da qualche tempo gestiva, insieme ai figli, un centro per l'ammasso delle olive cultivar Nocellara del Belìce proprio alla periferia di Campobello di Mazara. La sua funzione era quello di intermediario tra i produttori e i grossi acquirenti che, in zona, arrivano dalla Campania.

"La criminalità, con l’intermediazione -aggiunge Coldiretti- distrugge la concorrenza e il libero mercato legale soffocando l’imprenditoria onesta, anche compromettendo in modo gravissimo la qualità e la sicurezza dei prodotti, con l’effetto indiretto di minare profondamente l’immagine dei prodotti italiani e il valore del marchio made in Italy". 

"Le mafie nelle campagne -continua la nota di Coldiretti- operano attraverso furti di attrezzature e mezzi agricoli, racket, abigeato, estorsioni, o con il cosiddetto pizzo anche sotto forma di imposizione di manodopera o di servizi di trasporto o di guardiania alle aziende agricole, danneggiamento delle colture, aggressioni, usura, macellazioni clandestine, caporalato e truffe nei confronti dell’Unione europea fino al controllo di intere catene di supermercati e ristoranti. 



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EFA News - European Food Agency
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