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Peste suina, la Cina prova a gettare acqua sul fuoco

Un report dà una valutazione meno allarmistica della malattia nella Nazione

Dopo i ripetuti allarmi sul diffondersi a macchia d'olio della peste suina, adesso la Cina interviene e cerca di placare i timori. Il recente picco di focolai di peste suina africana potrebbe essere già sotto controllo, dicono fonti governative, cercando di mettere una pezza alla diffusione delle notizie che vedono la piaga, invece, espandersi sempre di più (vedi EFA News dal titolo Cina, col capodanno di diffonde la peste suina).

A preoccupare le autorità cinesi è il tam tam di notizie sul diffondersi della malattia: solo questo mese le agenzie di stampa hanno ripetutamente parlato di un forte aumento dei casi di Psa negli allevamenti di suini in Cina. Secondo le informazioni, particolarmente colpite sono state le aziende del nord del Paese: un'analista ha previsto una contrazione del 10% della produzione di carne suina quest'anno. A gettare acqua sul fuoco dunque ci prova nientemeno che la New development bank che, in un recente aggiornamento, presenta una valutazione meno allarmistica del contagio nel Paese asiatico. In sostanza, il report della banca minimizza la diffusione della Psa, la peste suina africana negli allevamenti suini nazionali, pur avvertendo che gli sviluppi della situazione devono essere attentamente monitorati. Anche se altri analisti confermano la presenza di alcuni focolai di Psa negli allevamenti, sostiene il report, "a marzo sono stati colpiti meno allevamenti locali rispetto al mese precedente. Inoltre, riferiscono gli esperti, che i focolai non si sono diffusi". 

Secondo le industrie suinicole cinesi poi, non sorprende che di recente sia stata segnalata una ricomparsa della peste suina: ciò viene attribuito dagli addetti ai lavori all'arrivo del freddo e alla difficoltà di disinfettare accuratamente i lavoratori che entrano nelle aziende agricole, nonché alla maggiore mobilità degli stessi dipendenti. Intanto, dopo una pausa di un mese, un altro focolaio è stato confermato in Corea del Sud. Si tratta del quinto allevamento ad essere stato colpito finora nel 2023, cosa che porta a 33 il totale dei focolai nei suini domestici dal 2019. La settimana scorsa sono morti circa 50 dei 12.842 animali presenti nell'allevamento. Situata nella città di Pocheon, la struttura si trova nella provincia nord-occidentale di Gyeonggi, a circa 40 chilometri dalla capitale Seoul. Nella struttura si è proceduto all'abbattimento degli animali rimasti.

Nel raggio di 10 chilometri dalla sede infetta si trovano circa 80 allevamenti con una stima di 170.000 suini.
Secondo la procedura abituale dopo la conferma di un focolaio di Psa, le autorità sudcoreane hanno imposto un blocco di 48 ore a tutti i movimenti di suini, che è terminato il 22 marzo. Dal 2019, anche diversi cinghiali in Corea del Sud sono risultati positivi al virus: al 23 marzo, il totale è arrivato a 2.968. Si tratta di un aumento di 31 unità rispetto al totale precedentemente riportato dalla fonte il 13 marzo. I cinghiali infetti sono stati trovati in quattro province, principalmente a Gangwon e Gyeonggi, nel nord del Paese.

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EFA News - European Food Agency
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