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Lactalis, il presidente Besnier: 7 miliardi di investimenti in Italia

"Con 28 stabilimenti siamo il più grande gruppo di latte e formaggi" nel Paese

A 13 anni dalla contestata acquisizione di Parmalat, il capo del gruppo francese parla per la prima volta.

Lo chiamano "l'invisibile". Lui è Emmanuel Besnier, soprannominato anche "tycoon dei misteri", 53 anni custoditi gelosamente, a capo di Lactalis, decimo gruppo lattiero caseario del mondo con i suoi 80 mila dipendenti e un fatturato 2022 da 28,3 miliardi di Euro, in crescita del 28,4% sul 2021 (vedi EFA News). Besnier, terza generazione a capo della riservatissima Lactalis (società fondata nel 1933 dal nonno André Besnier a Laval, nella regione della Loira), ha accumulato una fortuna: secondo Forbes il suo patrimonio si aggira intorno a 21 miliardi di dollari facendolo diventare, ovviamente, uno degli uomini più ricchi di Francia ed entrando di diritto nella top ten mondiale dei super ricchi che si occupano di food and beverage.

Nel 2011 riuscì a conquistare Parmalat, rilevandola tra mille polemiche dalla gestione commissariale post Tanzi. Si temeva che un patrimonio importantissimo del food Made in Italy potesse andare disperso, ma la storia degli anni successivi ha dimostrato il contrario.

Il magnate è reduce da un tour in Italia, tra Lombardia ed Emilia per visitare gli impianti: da quello di Galbani a Casale Cremasco, al Caseificio Tricolore di Reggio Emilia fino alla Parmalat di Collecchio. Al Corriere della Sera, in un lungo articolo pubblicato domenica 23 aprile, ha esternato in quella che è la sua prima intervista in Italia. "Abbiamo 28 stabilimenti che fanno di noi il più grande gruppo di latte e formaggi in Italia, che è il paese dove il gruppo ha la più grande capacità produttiva dopo la Francia con le sue 66 fabbriche -sottolinea Besnier-. Poi, l'importanza della filiera con 1.500 allevatori dai quali raccogliamo 1,5 miliardi di litri di latte che trasformiamo in Italia".

Oltre ai marchi citati, Lactalis controlla in Italia Invernizzi, Cademartori, Locatelli, Nuova Castelli (importante produttore di Grana Padano e Parmigiano Reggiano). 

Besnier parla degli investimenti in Italia che ammontano a "circa 7 miliardi, inclusi quelli fatti per fare crescere le aziende acquistate, che restituiscono circa 2 miliardi di ricavi solo sul mercato italiano. Poi -aggiunge- ci sono le esportazioni con prodotti made in Italy. Prendiamo Galbani, emblematica: l'abbiamo lanciata negli Stati Uniti e in altri paesi, la sua attività è raddoppiata ma il suo cuore produttivo e di innovazione è rimasto a Corteolona".

Un'attività talmente intensa che adesso, si dice, in Francia la mozzarella sia più consumata del Camembert. "Siamo al 50% -puntualizza Besnier-. Ma di quella mozzarella la maggior parte è Galbani, acquisita nel 2006, dopo Cademartori. Nel 2011 la Parmalat ci ha fatto entrare in tutte le categorie del latte, prima in Italia facevamo solo formaggi. L'abbiamo delistata nel 2019, è stato un percorso lungo ma che ci ha permesso di costruire un'entità omogenea, una squadra di persone".

Le prossime sfide? "Tante -risponde il tycoon-. Nel 2022 abbiamo visto Paesi meno dinamici e un prezzo del latte che segnava +35%: questo ci ha obbligato a trasferire in parte i rialzi sui prezzi, anche se lo sforzo di assorbirli è stato grande. È quanto si vede sui conti del gruppo, che ha chiuso l'anno con un risultato netto a 384 milioni di Euro, in calo del14%. Ma non abbiamo mai smesso di investire: nel 2022 abbiamo investito 750 milioni di Euro, il 17% rispetto a un anno prima. Con la crescita interna e l'integrazione delle società acquisite, come le ultime Leerdammer e Kraft Natural Cheese, abbiamo diminuito anche i debiti netti, scesi a 6,4 miliardi".

Per il futuro, aggiunge Besnier, "ci concentriamo sugli investimenti industriali per accelerane la modernizzazione, nella direzione della sostenibilità. Abbiamo puntato 200 milioni di Euro per ridurre l'impatto ambientale, uno dei pilastri del nostro impegno sociale, con il taglio del 25% delle emissioni entro due anni: l'obiettivo è di essere Carbon Net Zero nel 2050. Lo facciamo assieme alla nostra filiera agricola, la sosteniamo anche per migliorare l'alimentazione degli animali. Poi, su tutti i siti di produzione installiamo impianti fotovoltaici, spingiamo sulla cogenerazione,. Infine c'è il riciclo degli imballaggi: vogliamo arrivare al 100%o delle soluzioni ecosostenibili, con un minimo del 30% di materiali riciclati".

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EFA News - European Food Agency
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