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Lactalis e chiusura Alival a Reggio Calabria: una crisi che viene da lontano

La decisione di fermare la produzione a San Gregorio (e Ponte Buggianese) è "una vergogna"

Un po' di chiarezza su una vicenda deflagrata circa un anno fa, dopo un lungo periodo più complicato di quanto non appaia...

“La chiusura dello stabilimento della multinazionale francese Lactalis a Reggio Calabria è una vergogna inqualificabile", ha dichiarato l'opinionista e giornalista Klaus Davi commentando la decisione della multinazionale del comparto caseario. Misura che comporta "80 operai spediti a casa, 80 famiglie gettate nella povertà, in una città come Reggio: non è uno scherzo e proprio nel momento in cui si decantano le eccellenze del food italiano”.

Quella a cui fa riferimento l'opinionista in realtà è una questione più complicata di quanto non appaia. Prima di tutto sui marchi. Davi parla di Lactalis, ma il brand in questione è Alival: i due stabilimenti interessati alla chiusura sono di Alival, marchio storico del lattiero-caseario toscano di proprietà del Gruppo Castelli, Gruppo che nel gennaio 2020 viene acquisito da Gruppo Lactalis Italia diventando cosi Gruppo Nuova Castelli. Ed è proprio quest'ultimo che circa un anno fa annuncia il nuovo piano industriale ed una riorganizzazione aziendale: "Il piano industriale si rende necessario per garantire la continuità produttiva di Nuova Castelli concentrando gli investimenti sulle strutture economicamente sostenibili e interrompendo le attività produttive degli stabilimenti di Ponte Buggianese (Pistoia, NdR), e Reggio Calabria (in realtà l'impianto si trova a San Gregorio, frazione a sud di Reggio Calabria, NdR). La razionalizzazione degli assetti produttivi della società Alival si rende urgente e necessaria per riportare in equilibrio la gestione operativa dell’azienda, da tempo in sofferenza, e oggi aggravata dall’impatto sui costi di produzione dovuto al protrarsi della crisi pandemica e al nuovo scenario di crisi internazionale. La produzione non sarà delocalizzata – conclude la nota – ma rimarrà in Italia e verrà affidata e assorbita da altri stabilimenti dei diversi territori italiani”.

Detto questo, è pur vero che a decidere sulle sorti dei due stabilimenti sia stata la multinazionale lattiero-casearia francese Lactalis, di proprietà della famiglia Besnier. Lo stabilimento di San Gregorio è stato chiuso e gli effetti nefasti dal punto di vista sociale e occupazionali sono ancora molto evidenti. 

A fine aprile del 2022 ad esprimere al meglio la situazione furono le segreterie unitarie di Flai Cgil, Fai Cisl e Uila Uil della città metropolitana di Reggio Calabria in una nota congiunta: "durante la prima riunione di Coordinamento nazionale della business unit Castelli svoltasi 22 aprile a Milano il management della Lactalis, dopo un’analisi sommaria del business relativo al Gruppo Castelli, concentrando l’informativa esclusivamente sulla società Alival, ha annunciato la chiusura di ben due stabilimenti in Italia da realizzarsi entro il primo trimestre 2023". Si parla appunto dell'impianto di Reggio Calabria e di Ponte Buggianese in provincia di Pistoia (oltre ad alcuni esuberi nello stabilimento di Santa Rita in provincia di Grosseto).

"Come segreterie provinciali presenti all’incontro -scrissero i sindacati- abbiamo invitato l’azienda a rivedere la sua posizione, maturata senza neanche un preventivo confronto con le organizzazioni sindacali, presentandoci un piano industriale di rilancio dell’intero gruppo, senza chiusure e senza tagli di posti di lavoro perché, a nostro avviso, le condizioni per andare avanti, se c’è la volontà, non mancano". Lo stabilimento di Reggio Calabria da oltre 30 anni era fiore all’occhiello della città, per la produzione eccellente di mozzarelle e formaggi semiduri, ricordarono le sigle sindacali: qui viene prodotta una mozzarella a denominazione Stg (Specialità territoriale garantita). "Smettere di produrre un alimento di così alta qualità, lasciando a casa lavoratori che con gli anni hanno acquisito una grande professionalità a noi appare un qualcosa di logicamente inspiegabile". Se Lactalis lo volesse "potrebbe percorre nuove strade, cogliere le opportunità che offre il territorio, valorizzare le nostre tipicità e le nostre specialità, così come da brand Nuova Castelli Dop e specialità", conclusero. 

A quanto pare, a nulla valsero l'organizzazione di uno sciopero e la richiesta di una convocazione urgente al Mise (oggi ministero delle Imprese e del made in Italy) per l’apertura di un tavolo di crisi. L'impianto di Reggio Calabria-San Gregorio dicevamo è chiuso dal 5 gennaio 2023 (e lo stabilimento messo in dismissione), e a partire da tale data c'è stato un margine di 3 mesi prima dell'interruzione definitiva del rapporto di lavoro coi dipendenti, oggi disoccupati. Solo circa una decina di questi ha accettato di essere ricollocata. Sempre ad oggi, secondo quanto riporta "ilReggino", è iniziata anche la procedura di dismissione del depuratore ecologico che nell'ultimo decennio ha trattato i reflui caseari dello stabilimento di San Gregorio, un impianto tra i più grandi della Calabria che in assenza di prospettive di reindustrializzazione del sito produttivo avrebbe potuto essere utilizzato per il trattamento di reflui fognari. Il depuratore per il quale dieci anni fa Alival (ovvero Gruppo Nuova Castelli e dunque Lactalis), aveva investito in prevalenza risorse proprie e, attingendo anche a fondi comunitari, aveva speso oltre un milione e mezzo di euro.

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EFA News - European Food Agency
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