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Illycaffe lancia l'allarme sulla normativa anti-deforestazione

Cristina Scocchia: le norme Ue entrano in vigore (nel 2025) troppo presto. A rischio l'import dall'Etiopia

I produttori di caffè, mercato che solo in Italia vale 5 miliardi di Euro, sono in allarme. Le difficoltà sono legate all’entrata in vigore del Regolamento deforestazione, normativa Ue che dal 1° gennaio 2025 impedirà alle aziende europee di rifornirsi di alcune materie prime se queste non rispettano tre condizioni: devono essere state prodotte nel rispetto dei diritti umani di chi le lavora; devono rispettare tutte le normative di legge previste dal Paese in cui vengono realizzate e, terza condizione, non devono essere utilizzati terreni oggetto di deforestazione.

In Italia a far scattare l'allarme è Cristina Scocchia, ad di Illycaffè. "Se il Governo italiano o le istituzioni europee non intervengono, dall’anno prossimo non potremo più importare caffè dall’Etiopia -dice l'ad riportata da Il Sole 24 Ore-. Per poter verificare se le piantagioni da cui acquistiamo il caffè sono frutto di deforestazione successiva al 2020 ci servono, per esempio, le coordinate Gps della piantagioni, poi occorre poter mandare fisicamente qualcuno che possa entrare nei terreni e verificare di persona il rispetto delle normative nazionali e di quelle sui diritti umani. Ad oggi l’Etiopia non è ancora riuscita ad arrivarci per molteplici ragioni. E noi abbiamo tempi stretti: il caffè viene comprato da 6 a 9 mesi prima, ci resta davvero poco per poter avere le certificazioni necessarie".

Scocchia precisa di non criticare in nessun modo il regolamento quanto piuttosto i tempi di applicazione che, a suo dire, sono troppo stretti. "I principi a cui si ispira la normativa sono giusti e condivisibili -sottolinea l'ad-. Se non ci saranno proroghe dall’Europa o interventi da parte delle istituzioni nazionali aziende come la nostra dovranno smettere di comprare in Etiopia". 

"Questo -dice ancora l'ad- avrà delle ripercussioni sull’economia del Paese africano: oggi viene esportato in Europa il 40% di tutto il caffè coltivato in Etiopia e la sua produzione dà lavoro, si stima, a un numero compreso fra 2 e 5,5 milioni di contadini. Se le imprese europee non saranno nelle condizioni di poter continuare a importare il caffè etiope, il rischio è che fino a 1,5 milioni di contadini si ritroveranno improvvisamente senza lavoro. E questo potrebbe aumentare i flussi migratori verso il continente europeo".

Illycaffè non importa la materia prima solo dall’Etiopia. "Da 90 anni -aggiunge Scocchia- mettiamo sul mercato un blend la cui ricetta è segreta come quella della Coca Cola. Il Corno d’Africa non è l’unica area del mondo da cui ci riforniamo". Ad oggi, però, è questo il solo Paese con cui l'azienda triestina avrebbe problemi nel mettersi in regola con le nuove norme Ue. "In Brasile, per esempio -prosegue l’ad- tutto è già pronto da tempo. L’abitudine a non produrre deforestando nuovi terreni è già una pratica, gli audit che certificano le piantagioni esistono da tempo, così come da tempo il Paese redige una black list dei produttori che non adempiono alle normative e dai quali noi non ci riforniamo. In realtà come queste, applicare il nuovo regolamento Ue non comporta per noi nessun costo aggiuntivo".

In Etiopia è tutto più complicato, anche perché nel Paese è in corso un conflitto che rende tutto più difficile. "Non ci interessa procurarci un pezzo di carta a ogni costo -conclude Scocchia-. Per le certificazioni vogliamo fonti certe e asseverabili, altrimenti non ci possiamo mettere la faccia. Ci interessa una vera politica per la sostenibilità, non il greenwashing. Siamo il primo importatore italiano di caffè dall’Etiopia, lavoriamo nel Paese da quarant’anni e abbiamo anche aperto un’università del caffè che aiuta i coltivatori etiopi. Per questo abbiamo deciso di farci portavoce della questione. Riteniamo sia un problema di competitività del made in Italy, che oggi è a rischio".

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EFA News - European Food Agency
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