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Intesa Sanpaolo /3. Pmi realizzano metà dell'export tricolore

Investimenti italiani salgono del 35,7% dal 2016 al 2023, a fronte della Germania che migliora solo del 4,5%

Negli ultimi anni l’economia italiana ha mostrato un’evoluzione migliore rispetto alla crescita media dell’area dell’euro. Una spinta importante è venuta dagli ottimi risultati ottenuti sui mercati internazionali, dove si sono distinte le Pmi italiane che realizzano più della metà del nostro export. E' quanto emerge dall'analisi del contesto economico realizzata dal Research Department Intesa Sanpaolo, in occasione della presentazione dell'ultima edizione di "Imprese Vincenti" (leggi notizia EFA News).

Alla buona dinamica dell’economia italiana ha contribuito anche la forte ripresa degli investimenti che tra il 2016 e il 2023 hanno registrato un aumento pari al 35,7% a prezzi costanti in Italia. Abbiamo fatto decisamente meglio rispetto ai nostri principali competitor: la Germania si è fermata al +4,5%. Si tratta di un cambio di passo significativo rispetto al recente passato: basti pensare che tra il 2008 e il 2016 i nostri investimenti si erano ridotti del 22,4%, mentre quelli tedeschi erano saliti del 9,9%. Industria 4.0 (dal 2017) e Superbonus (dal 2021) spiegano questa performance, sintesi del balzo delle costruzioni (+47,1% nel periodo 2016-2023), ma anche della dinamica degli investimenti italiani in macchinari, mezzi di trasporto e Ict (+29,3%) e in beni immateriali (R&S e software; +20,2%).

Dopo il rallentamento osservato tra il 2023 e il 2024, il prossimo anno ci aspettiamo una ripresa dell’economia italiana che potrà contare sul contributo dei consumi e degli investimenti, grazie a rientro dell’inflazione, riduzione dei tassi di interesse e realizzazione degli investimenti del Pnrr. L’80% della spesa effettiva del Pnrr si concentrerà nel triennio 2024-2026, con potenziali ricadute molto positive sul rilancio delle infrastrutture e sulle transizioni digitale e green e, in ultima analisi, sul tasso di crescita potenziale del Pil.

In prospettiva, un contributo importante alla crescita dell’economia italiana potrà venire dai mercati esteri. Tra quelli a più alto potenziale rientra l’Est Europa e, in modo particolare, l’Europa centro-orientale (Cee; Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia, Slovacchia, Slovenia) e l’Europa sud-orientale (See; Albania, Bosnia-Erzegovina, Croazia, Romania e Serbia). Sono queste le evidenze che emergono da una recente indagine condotta su oltre 800 addetti di Intesa Sanpaolo che seguono i processi di internazionalizzazione del tessuto economico italiano. In queste aree le imprese italiane sono attese sviluppare ulteriormente le proprie attività di export e la propria presenza produttiva o commerciale con filiali estere.

Peraltro, già oggi i legami commerciali e produttivi con questi Paesi sono rilevanti. Nel 2023 complessivamente lo stock di investimenti diretti esteri (Ide) italiani nei Paesi Cee e See è stato pari a 43,4 miliardi di euro; di questi 22,8 miliardi interessano l’area Cee e 20,6 le economie SEE. Inoltre, nel 2023, l’export italiano in questi mercati è salito a 64,7 miliardi di euro, il 34% in più rispetto al 2019. Siamo cresciuti in tutti i Paesi e, in valore, soprattutto in Polonia che è di gran lunga il mercato che assorbe la quota maggiore del nostro export (salito a 19,8 miliardi, da 13,5); seguono a distanza la Romania (10,2 miliardi), la Repubblica Ceca (8,4 miliardi), la Slovenia (6 miliardi), l’Ungheria (5,8 miliardi), la Croazia (5,5 miliardi) e la Slovacchia (4 miliardi) che precedono Serbia (2,3 miliardi), Albania (1,8 miliardi) e Bosnia-Erzegovina (0,9 miliardi). Al contempo, l’import italiano da questi Paesi si è portato a 60,5 miliardi, con un progresso del 44% rispetto al 2019. I flussi di import hanno registrato un aumento quasi generalizzato; l’unica eccezione è rappresentata dalle merci provenienti dalla Serbia. E’ la Polonia il Paese da cui importiamo maggiormente (16,1 miliardi di importazioni nel 2023); seguono la Romania (9,6 miliardi), la Repubblica Ceca (9,2 miliardi), l’Ungheria (8,5 miliardi), la Slovenia (5,9 miliardi), la Slovacchia (4,7 miliardi), la Croazia (2,9 miliardi), l’Albania (1,6 miliardi), la Serbia (1,4 miliardi) e la Bosnia-Erzegovina (0,7 miliardi).

Complessivamente, nel 2023 il nostro avanzo commerciale è stato pari a 4,2 miliardi di euro. La nostra bilancia commerciale è in attivo con Polonia, Romania, Slovenia, Croazia, Serbia, Albania e Bosnia-Erzegovina; è invece in passivo nei confronti di Repubblica Ceca, Ungheria e Slovacchia. In questi mercati i flussi di export italiani più rilevanti riguardano la filiera metalmeccanica, che da sola registra circa 22 miliardi di euro; seguono sistema moda, mezzi di trasporto, alimentari e bevande, chimica, gomma e plastica, elettrotecnica. Le nostre importazioni, invece, vedono al primo posto i mezzi di trasporto (12,6 miliardi nel 2023), seguiti a distanza da elettrotecnica, filiera dei metalli, sistema moda, alimentari e bevande, meccanica, gomma e plastica, elettronica, prodotti agricoli, chimica.

Nei primi sette mesi del 2024 si è registrato un rallentamento del nostro interscambio commerciale nei confronti delle aree Cee e See: l’export ha, infatti, registrato un lieve aumento tendenziale (+1%), mentre l’import ha subito un leggero calo (-4%). Gli scambi commerciali, dopo una seconda parte dell’anno ancora debole, dovrebbero mostrare segnali di ripresa nel corso del 2025, grazie a condizioni di domanda interna più favorevoli. In particolare, nei paesi Cee e See la riduzione attesa dei tassi di interesse dovrebbe favorire gli investimenti e la spesa per consumi delle famiglie, con quest’ultima che trarrebbe beneficio anche dal recupero del potere di acquisto sulla scia degli incrementi salariali e della moderazione dell’inflazione. Inoltre, nel prossimo biennio un importante supporto alla crescita economica di queste economie giungerà dalle risorse dei piani Nazionali di Ripresa e Resilienza (Pnrr).

3/ Fine

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EFA News - European Food Agency
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