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CLARA MOSCHINI

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La Regione Sardegna tra l'incudine (pecorino Dop) e il martello (pecora sarda)

Bagarre tra istituzioni, Consorzio e pastori, per il disciplinare del Pecorino Romano Dop e le razze "autoctone"

Si chiama “romano" ma è quasi del tutto sardo. Parliamo del pecorino che viene esportato in tutto il mondo e che, per la gran parte, determina il prezzo del latte nell’Isola. È un prodotto Dop, cioè a Denominazione di origine protetta, e la sua produzione deve avvenire nel rispetto di determinati requisiti previsti da un disciplinare. Proprio sul disciplinare, che impone la necessità che le pecore da mungere appartengano a determinate razze “autoctone”, si è aperta in questi giorni una bagarre in Regione Sardegna. 

La Regione, infatti, ha bocciato il nuovo disciplinare per il pecorino romano Dop, approvato lo scorso dicembre (tra le polemiche). Con la nuova votazione del 2 dicembre 2024 la “razza” della pecora sarda era stata tenuta fuori. Risultato? Per produrre pecorino romano diventava sufficiente che le pecore fossero allevate in determinati “areali”. 

Adesso, stando a quanto si legge in una nota, la giunta regionale ha espresso "un indirizzo contrario". La decisione "arriva a causa del mancato inserimento dell’elenco delle razze ovine autoctone tradizionali ammesse per la produzione del latte destinato alla trasformazione in Pecorino Romano Dop". Omissione che, secondo l’esecutivo, "non risulta in linea con le politiche regionali per il comparto e a tutela dei sistemi di allevamento tradizionali, della sostenibilità ambientale dei sistemi zootecnici e della conservazione della biodiversità".

Sulla questione sono intervenuti direttamente i pastori che, subito dopo l’approvazione delle modifiche al disciplinare, avevano chiesto l’intervento della presidente della Regione Alessandra Todde la quale, sostengono i pastori, "ha il potere di veto su quanto il presidente del consorzio sta illegittimamente portando avanti: è in gioco il futuro del settore più strategico dell’economia regionale". La preoccupazione dei pastori firmatari del documento è una: qualcuno potrebbe “importare” pecore da altri territori, farle vivere in Sardegna, allevarle in modo intensivo per aumentare la produzione del latte, approfittando del fatto che ora il prezzo è alto. Il timore è che ciò che si perderebbe sarebbero proprio le caratteristiche del prodotto pecorino, oltre al valore aggiunto, con conseguente crollo del prezzo a causa dell’aumento della produzione.

I pastori (Gianuario Falchi, Nenneddu Sanna, Mario Carai e Fabio Pisu) avevano avvertito che «rivotare il punto che riguardava l’utilizzo di latte per produrre il formaggio pecorino romano Dop proveniente da pecore appartenenti alle razze autoctone degli areali di produzione (Sardegna, Lazio e provincia di Grosseto) sarebbe stato contro le regole, in quanto quel punto era già stato votato e approvato in una precedente assemblea del consorzio con una maggioranza del 90% ed era stato avvallato dall’allora assessore all’Agricoltura prima e dal ministero poi". 

Il Consorzio di tutela del Pecorino romano Dop, invece, a dicembre 2024 aveva deciso di tirare dritto (leggi notizia EFA News): ora è arrivata la bocciatura della Regione. Non ci sta il presidente del Consorzio, Gianni Maoddi, rieletto un anno fa a capo dell'organismo (leggi notizia EFA News). "Sarebbe bastato leggere il disciplinare di produzione in vigore e la proposta di modifica per rendersi facilmente conto che nella parte relativa alle razze tutto è rimasto invariato. Le razze autoctone nel disciplinare sono di fatto già comprese in quanto solo il latte delle pecore allevate nelle zone di produzione può essere utilizzato per la nostra DOP. In secondo luogo, l’assessore all'Agricoltura della Regione Gian Franco Satta in questi mesi non ha mai cercato un confronto con il Consorzio, almeno non con il Consorzio nella sua interezza: crediamo che sarebbe stato molto utile prima di esprimere un simile parere, che ricordo è solo un parere e non è vincolante".

Maoddi ricorda che le modifiche vanno approvate dai due terzi dell’assemblea e che lo scorso dicembre "il 70% dell’assemblea dei soci ha votato per lasciare il disciplinare invariato nella parte relativa alle razze, che in qualsiasi momento può essere modificata, ma sempre con il via libera dei due terzi dell’assemblea". Conclude Maoddi: la Regione si è espressa "sulle modifiche che la minoranza dell’assemblea avrebbe voluto", ma che non sono state apportate.

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