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Agroalimentare prima filiera per contributo al pil nazionale

Lo conferma il report di Teha presentato al 9° Forum F&B di Bormio: di €707 mld il fatturato del settore

Con 891 prodotti DOP e IGP, l’Italia è prima in Europa per numero di certificazioni: questo segmento ha generato 20,2 miliardi di Euro di fatturato nel 2023, con il vino prodotto leader per valore generato, seguito da formaggi e prodotti a base di carne.

L’agroalimentare si conferma prima filiera produttiva per contributo al pil nazionale con il 19,8% considerando le attività a monte, come ad esempio la produzione di macchinari o la fornitura di energia, e a valle, come packaging o imballaggio. Lo sentenziano i dati elaborati da Teha-The European house Ambrosetti in occasione della 9a edizione del forum Food&Beverage di Bormio: secondo il report, la filiera agroalimentare, composta dal comparto agricolo, dall’industria alimentare e delle bevande e dall’intermediazione, distribuzione e ristorazione, ha superato 707 miliardi di Euro di fatturato complessivo, in crescita del 34% rispetto al 2015 impiegando 5,8 milioni di lavoratori.

Nel 2023 il settore ha generato 74 miliardi di Euro di valore aggiunto diretto, risultato che vale 2,5 volte la moda Made in Italy e oltre 5 volte l’industria chimica. L’Italia è anche il terzo tra i maggiori Paesi UE per valore aggiunto dell’agroalimentare, con un’incidenza del 3,9% sul pil: il comparto, però, secondo il report, sconta un tessuto fatto da tantissime microimprese. Oltre 8 aziende su 10, infatti, sono micro-imprese, responsabili di appena il 9,9% del valore aggiunto complessivo del comparto food&beverage. 

Si distinguono per la produttività le grandi imprese, che rappresentano, però, solo lo 0,3% dell’intero comparto: hanno una produttività di 105.200 Euro per addetto, un valore superiore di 1 volta e mezza (1,4) alla media UE-27 e ancora migliore rispetto a Spagna (1,6 volte), Germania (1,5) e Francia (1,2). 

“La struttura di un’impresa incide sulla sua capacità di affrontare cambiamenti geopolitici, nuove regole e richieste di mercato in rapida evoluzione come quelle che stiamo attraversando -commenta Valerio De Molli, managing partner e ceo di TEHA-. E nel settore food&beverage abbiamo rilevato, con una ricerca dedicata, che oggi il 36,5% delle aziende è preoccupato per sostenere l’operatività, dato in crescita dell'1,4% rispetto al 2024”.

“Durante la 9a edizione del forum food&beverage di Bormio definiremo proposte di policy che coinvolgono l’intero sistema agroalimentare esteso -aggiunge De Molli-. Le misure che proponiamo puntano a sostenere l’innovazione e la digitalizzazione, semplificare l’accesso al credito, valorizzare le filiere certificate, promuovere la sostenibilità lungo tutta la catena del valore, attrarre giovani talenti attraverso percorsi formativi più qualificanti e garantire un quadro normativo stabile e favorevole all’impresa. In un momento in cui il futuro del Paese si gioca sulla capacità di affrontare con strumenti nuovi i cambiamenti in corso, l’agroalimentare italiano può e deve diventare un modello di crescita resiliente, digitale e inclusivo. Per farlo è necessario un piano strategico condiviso, basato sui dati, che coinvolga tutta la filiera e guardi lontano”.

I prodotti tipici spingono l'export

Con 891 prodotti DOP e IGP, l’Italia è prima in Europa per numero di certificazioni: questo segmento ha generato 20,2 miliardi di Euro di fatturato nel 2023, con il vino prodotto leader per valore generato, seguito da formaggi e prodotti a base di carne. Nel loro insieme, le produzioni certificate rappresentano il 10,8% del fatturato del settore food&beverage e contribuiscono per il 19,9% all’export alimentare nazionale. 

“Le certificazioni -aggiunge Benedetta Brioschi, partner TEHA- non solo sostengono l’export, ma rafforzano il posizionamento globale del made in Italy, come dimostra anche il valore medio delle esportazioni agrifood italiane, pari a 254,5 Euro per 100 kg, il più alto tra i principali Paesi europei”.


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EFA News - European Food Agency
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