Dazi Usa al 30%, la Cgia di Mestre fa due conti...
Tra effetti diretti e indiretti, le tariffe causerebbero un danno da 35 miliardi di euro l’anno

I dazi doganali al 30% voluti dall’amministrazione Trump a danno dell'Ue potrebbero innescare una serie di effetti diretti sulle nostre esportazioni. A dirlo è l’Ufficio studi della Cgia di Mestre secondo cui sarebbe alle porte anche una serie di effetti anche indiretti, come l’ulteriore apprezzamento dell’euro, un aumento dell’incertezza dei mercati finanziari e un incremento del costo di molte materie prime: tutte cose in grado di provocare un danno economico al nostro sistema produttivo fino a 35 miliardi di euro all’anno. Praticamente una finanziaria, mette in risalto la Cgia.
A pagare il conto più salato potrebbero essere le regioni del Sud, dice l'osservatorio della Cgia. Concentrando l’attenzione solo sulle vendite di beni verso gli Usa, i dazi generalizzati al 30% imposti dal presidente Trump potrebbero penalizzare, in particolare, le esportazioni del Mezzogiorno. A differenza del resto del Paese, infatti, la quasi totalità delle regioni del Sud presenta una bassa diversificazione dei prodotti venduti nei mercati esteri. Pertanto, se dopo l’acciaio, l’alluminio e i loro derivati, gli autoveicoli e la componentistica auto, gli Stati uniti (e, a catena, altri Paesi del mondo) decidessero di innalzare le barriere commerciali anche ad altri beni, gli effetti negativi per il nostro sistema produttivo potrebbero abbattersi maggiormente nei territori dove la dimensione economica dell’export è fortemente condizionata da pochi settori merceologici.
L’analisi realizzata dall’Ufficio studi della Cgia si fonda sulla misurazione dell’indice di diversificazione di prodotto dell’export per regione; parametro che pesa il valore economico delle esportazioni dei primi 10 gruppi merceologici sul totale regionale delle vendite all’estero. Laddove l’indice di diversificazione è meno elevato, tanto più l’export regionale è differenziato, risultando così meno sensibile a eventuali sconvolgimenti nel commercio internazionale. Diversamente, tanto più è elevata l’incidenza del valore dei primi 10 prodotti esportati sulle vendite all’estero complessive, quel territorio risulta essere più esposto alle potenziali congiunture negative del commercio internazionale.
Le più a rischio sono Sardegna, Molise e Sicilia
La regione che a livello nazionale presenta l’indice di diversificazione peggiore è la Sardegna (95,6%): qui domina l’export dei prodotti derivanti della raffinazione del petrolio. Seguono il Molise (86,9%), caratterizzato da un peso particolarmente elevato della vendita dei prodotti chimici/materie plastiche e gomma, autoveicoli e prodotti da forno. Terza a rischio è la Sicilia (85%), che presenta una forte vocazione nella raffinazione dei prodotti petroliferi.
Tra le realtà territoriali del Mezzogiorno, solo la Puglia presenta un livello di diversificazione elevato (49,8%). Un dato che la colloca al terzo posto a livello nazionale tra le regioni potenzialmente meno a rischio da un’eventuale estensione dei dazi ad altri prodotti merceologici.
Le meno coinvolte? Lombardia e il Nordest
Ad eccezione della Puglia, le aree geografiche che, invece, potrebbero subire degli effetti negativi più contenuti di quelli previsti in capo alle regioni del Mezzogiorno sono La Lombardia (con un indice del 43%), il Veneto (46,8%), il Trentino Alto Adige (51,1%), l’Emilia Romagna (53,9%) e il Piemonte (54,8%).
Da tenere presente che, secondo i dati della Cgia, una buona parte dei beni coinvolti nel rischio dazi riguarda il settore food and beverage. Ciò si evince dal quadro dei "primi 3 prodotti esportati negli Usa per regione" elaborati in base ai dati Istat. Ebbene, le bevande, per esempio, sono al secondo posto tra l'export verso gli Stati Uniti in Veneto con 614 milioni di euro di export, al terzo posto in Piemonte (417 milioni di euro), al primo posto in Trentino alto Adige (233 milioni) al terzo posto in Sardegna (7 milioni).
I prodotti alimentari sono in seconda posizione come export verso gli Usa in Campania con 342 milioni di euro, i prodotti da forno e farinacei sono al secondo posto in Abruzzo (85 milioni), oli e grassi vegetali e animali al terzo posto in Sicilia (50 milioni). I prodotti delle industrie lattiero-casearie sono al secondo posto in Sardegna (123 milioni, le macchine per l'agricoltura e la silvicoltura al terzo posto nelle Marche (43 milioni).
I prodotti chimici di base, fertilizzanti e composti azotati, materie plastiche e gomma sono al primo posto dell'export verso gli Stati Uniti del Molise con 123 milioni, i prodotti chimici sono al primo posto in Calabria (30 milioni) che ha, al secondo posto, altri prodotti alimentari (14 milioni di export) e al terzo frutta e ortaggi lavorati e conservati, con 7 milioni di euro di export.
EFA News - European Food Agency