Non riceve alcun finanziamento pubblico
Direttore responsabile:
CLARA MOSCHINI

Facebook Twitter Youtube Instagram LinkedIn

La tassazione Ue delle aziende? "Stangata" da 2 miliardi

Colpirebbe 3.460 imprese italiane con ricavi annui superiori a 100 mln euro: per l'agroalimentare coinvolte 242 società


Dopo Confcooperative che ha espresso pochi giorni fa senza mezzi termini il suo no deciso alla tassazione delle imprese che fatturano più di 100 milioni di euro definita "inaccettabile" (leggi notizia EFA News) oggi arriva da Unimpresa la conferma che la nuova tassa europea sul fatturato delle grandi imprese, tanto voluta dalla presidente Ue Ursula von der Leyen, colpirebbe circa 3.460 aziende italiane con ricavi annui superiori ai 100 milioni di euro. Una stangata che, calcola Unimpresa, sfiora 2 miliardi di euro.

A livello territoriale, la regione più colpita sarebbe la Lombardia con oltre 1.100 imprese (32% del totale coinvolto), seguita da Emilia-Romagna (12% pari a 415 imprese coinvolte nella misura), Veneto (10%, pari a 346 imprese), Lazio (9%, 311 imprese) e Piemonte (8%, 277 imprese). Al contrario, tra le regioni meno convolte ci sarebbe la Valle d'Aosta e il Molise (entrambe con 9 imprese coinvolte pari allo 0,25%), Umbria, Basilicata e Calabria ciascuna con 17 imprese coinvolte, pari allo 0,5%.  

Dal punto di vista settoriale, la pressione si concentrerebbe sul comparto manifatturiero (meccanica, chimica, moda, metallurgia) che rappresenta il segmento più numeroso, con circa 1.211 imprese coinvolte pari al 35% delle aziende, seguito da energia e utilities (15% con 519 imprese coinvolte), costruzioni, finanza e distribuzione commerciale (ciascuno al 10%) cosi come Commercio e distribuzione con 346 imprese coinvolte. Andrebbe parecchio male anche per le imprese dell'agroalimentare, il cui 7% sarebbe coinvolto (circa 242 imprese) nella nuova tassazione. 

Secondo il Centro studi di Unimpresa, il gettito richiesto al sistema produttivo nazionale potrebbe raggiungere 1,8 miliardi l’anno, a fronte di un’aliquota ipotetica dell’1% sul volume d’affari, mentre con un’aliquota allo 0,5% il gettito calerebbe a 900 milioni.

"La misura -spiega il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi- rischia di penalizzare proprio i settori trainanti dell’economia italiana, già esposti a elevata pressione fiscale e rappresenta un serio ostacolo alla competitività delle imprese esportatrici e industriali. L’Italia, che si trova già a fronteggiare una pressione fiscale complessiva elevata (oltre il 43% del pil), non può permettersi ulteriori oneri sulle sue imprese più grandi e dinamiche, in particolare, quelle che trainano le esportazioni, investono in innovazione e generano occupazione qualificata". 

Secondo il Centro studi di Unimpresa, nel quadro della proposta avanzata dalla Commissione europea per finanziare il bilancio comunitario 2028-2035, si inserisce una misura che potrebbe avere effetti significativi sull’economia italiana: l’introduzione di una nuova “risorsa propria” per l’Unione, sotto forma di contributo obbligatorio per le grandi imprese con un fatturato annuo superiore ai 100 milioni di euro. Una misura che, nelle intenzioni di Bruxelles, dovrebbe generare circa 6,8 miliardi di euro all’anno su scala europea. 

L’impianto della proposta, fa notare Unimpresa, "è semplice quanto potenzialmente distorsivo": le aziende attive nel mercato unico, indipendentemente dalla loro sede legale, dovrebbero versare un contributo parametrato non sugli utili, ma sul fatturato. 

Un’impostazione che, se applicata in maniera uniforme, "penalizzerebbe in particolare le imprese a margine operativo più basso e quelle che operano in Paesi già sottoposti a pressione fiscale elevata". È il caso dell’Italia, dove vi sono circa 3.460 imprese che superano la soglia dei 100 milioni di euro di fatturato annuo. Di queste, 1.209 aziende si collocano ben oltre il limite, con fatturati superiori a 250 milioni di euro, generando complessivamente un volume d’affari di oltre 1.400 miliardi di euro. Le restanti 2.250 aziende, con fatturati compresi tra 100 e 250 milioni, si distribuiscono in modo eterogeneo tra industria manifatturiera, infrastrutture, agroalimentare, energia e servizi. 

Sulla base di un’aliquota ipotetica dello 0,5% sul fatturato, ipotesi coerente con gli obiettivi di gettito stimati dalla Commissione, secondo Unimpresa il contributo richiesto alle imprese italiane ammonterebbe a circa 900 milioni di euro all’anno. Un’aliquota all’1%, già discussa in ambito tecnico, spingerebbe l’onere annuale a 1,8 miliardi di euro, con un impatto significativo sulla liquidità e sulla pianificazione finanziaria delle imprese coinvolte.

"Il pericolo di questa misura non è solo fiscale, ma strategico -aggiunge Longobardi-. Una tassa sul fatturato non tiene conto del ciclo economico, della redditività effettiva, né della struttura finanziaria delle imprese. Potrebbe colpire indiscriminatamente aziende ad alta intensità di capitale e a margini bassi, scoraggiando investimenti, riducendo la competitività e favorendo ristrutturazioni difensive o delocalizzazioni. Serve -conclude il presidente di Unimpresa- una profonda revisione del meccanismo, privilegiando criteri di equità e sostenibilità economica. La contribuzione al bilancio europeo è un obiettivo condivisibile, ma non può essere perseguito attraverso strumenti che comprimono la crescita e minano la base produttiva dei singoli Stati membri. Occorre equilibrio. E, soprattutto, buon senso".

Fc - 52418

EFA News - European Food Agency
Collegate
Simili