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I dazi Usa costano ai consumatori americani il 55% in più

Goldman Sachs: con la possibile entrata in vigore di altre tariffe, il peso economico per famiglie e imprese potrebbe aumentare ancora

Mentre il mondo resta ancora con fiato in sospeso i attesa dei quotidiani sviluppi della guerra dei dazi in corso tra Cina e Stati Uniti, Goldman Sachs ha fatto due conti sulle ricadute negli Stati Uniti a sei mesi dall’introduzione delle tariffe sulle importazioni decisi dal presidente Donald Trump. Ebbene secondo le prime proiezioni, i consumatori statunitensi stanno già sostenendo fino al 55% dei costi aggiuntivi.  E, ovviamente non è tutto. Perché gli analisti della banca avvertono che, con la possibile entrata in vigore di ulteriori tariffe, il peso economico per famiglie e imprese potrebbe aumentare ancora, amplificando gli effetti sull’inflazione e sul potere d’acquisto.

I risultati dell'indagine di Goldman Sachs appena pubblicata negli Usa suggeriscono che i consumatori statunitensi continueranno a lottare con i prezzi elevati, che Trump aveva promesso di affrontare nella corsa alla rielezione. Sebbene i tassi di inflazione siano scesi dal picco post-covid, sono rimasti al di sopra dei livelli considerati "salutari" dagli economisti, causando ai consumatori e alle imprese di continuare a segnalare di sentirsi gravati dall'aumento dei prezzi. Gli analisti stimano che i dazi abbiano aggiunto lo 0,44% alla misura dell'inflazione preferita dalla Fed. Tale percentuale potrebbe salire fino allo 0,6% se Trump mettesse in atto le recenti minacce di imporre dazi su prodotti come mobili e mobili da cucina. Questi dazi dovevano entrare in vigore oggi: in questo scenario, sottolineano gli analisti, l'onere dei dazi a carico dei consumatori potrebbe aumentare fino al 70%.

Negli ultimi sei mesi, Trump ha imposto dazi su rame, acciaio, alluminio e alcune automobili e parti di automobili. Ha anche applicato aliquote tariffarie specifiche per paese fino al 28% sulla Cina e al 16% su gran parte del resto del mondo, secondo lo Yale Budget Lab. Anche come conseguenza di ciò, i prezzi al consumo monitorati dal Bureau of Labor Statistics (BLS) sono aumentati ogni mese da aprile, quando Trump ha tenuto il suo discorso sul “Giorno della Liberazione” annunciando i nuovi dazi (leggi notizia EFA News). 

Ad agosto, fanno notare gli analisti, l'indice dei prezzi al consumo di riferimento del BLS si attestava al 2,93%. I dati di settembre sono stati ritardati a causa della chiusura del governo, giunta ormai al tredicesimo giorno, e la loro pubblicazione è prevista per la fine del mese. Anche un altro indicatore dell'inflazione preferito dalla Federal Reserve ha continuato a salire, raggiungendo il 2,7% ad agosto, al di sopra dell'obiettivo del 2% fissato dalla banca centrale. Sempre ad agosto, Trump ha contestato una stima iniziale di Goldman Sachs secondo cui i consumatori potrebbero sostenere fino al 67% del costo dei dazi.

Fin dall'inizio, fa notare Goldman Sachs, l'amministrazione Trump ha sottolineato i miliardi di entrate che i dazi hanno portato per continuare a giustificarne l'esistenza, vagheggiando una "pioggia di trilioni" di cui beneficerà il Paese (leggi notizia EFA News). 

Secondo gli analisti di Goldman, le aziende americane sono in attesa di vedere come la Corte Suprema si pronuncerà sui dazi, dossier che la Corte dovrebbe analizzare il 5 novembre prossimo. Le aziende potrebbero anche aver accumulato scorte prima dell'entrata in vigore dei dazi, consentendo loro di rinviare un aumento più significativo dei prezzi al dettaglio, concludono gli analisti di Goldman Sachs.

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EFA News - European Food Agency
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