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Idratazione in montagna: un'alleata per sport ad alta quota

La riduzione della pressione parziale di ossigeno induce una maggiore diuresi

Con l’avvicinarsi delle vacanze invernali, cresce la voglia di montagna, di aria pura e di attività all’aperto, dalle escursioni in quota agli sport invernali praticati in ambienti freddi e ad alta altitudine. Proprio queste condizioni ambientali attivano specifici meccanismi fisiologici che aumentano la perdita di liquidi corporei. Contrariamente alla percezione comune, infatti, il freddo e l’altitudine non riducono il fabbisogno idrico dell’organismo, al contrario, lo incrementano in modo progressivo, silenzioso e frequentemente sottovalutato.

Con l’aumentare della quota, la riduzione della pressione parziale di ossigeno induce una serie di adattamenti fisiologici volti a migliorare l’ossigenazione dei tessuti. Tra questi, un aumento della ventilazione polmonare e una maggiore diuresi. Respirare più velocemente e più profondamente comporta una maggiore perdita di acqua attraverso le vie respiratorie, mentre l’incremento della diuresi favorisce l’eliminazione di liquidi ed elettroliti.

L’aria più secca delle alte quote accentua ulteriormente anche la dispersione di liquidi, mentre l’intensificazione dello sforzo fisico richiesto per attività come escursionismo, sci alpinismo o arrampicata contribuisce ad aumentare il dispendio idrico complessivo. Il risultato è un bilancio idrico negativo che può instaurarsi rapidamente, anche in assenza di una sudorazione percepita come abbondante.Inoltre, in ambienti freddi, il meccanismo della sete risulta attenuato e la vasocostrizione periferica, tipica delle basse temperature, riduce la percezione del bisogno di bere, inducendo molte persone a idratarsi meno del necessario nonostante le perdite continuino.

Questa discrepanza tra fabbisogno reale e percezione soggettiva rende la disidratazione in montagna particolarmente insidiosa. Anche livelli moderati di disidratazione possono influire negativamente sulle funzioni cognitive, sulla coordinazione motoria e sulla capacità di termoregolazione, aumentando il rischio di affaticamento, ipotermia e incidenti.Mantenere un adeguato stato di idratazione in quota, che equivale indicativamente a circa 1,5 litri di acqua al giorno, da modulare in base all’attività svolta, è essenziale per sostenere la funzione cardiovascolare, il trasporto di ossigeno e il metabolismo energetico. Un corretto apporto di liquidi contribuisce inoltre a prevenire cefalea da altitudine, crampi muscolari e cali di rendimento fisico, favorendo un adattamento più efficace alle condizioni ambientali estreme.

“In montagna e in ambienti freddi l’organismo perde acqua in modo continuo, ma spesso impercettibile", afferma il professor Alessandro Zanasi, esperto dell’Osservatorio Sanpellegrino e membro della International Stockholm Water Foundation. "La combinazione tra altitudine, aria secca e ridotta percezione della sete crea le condizioni ideali per una disidratazione in poco tempo. Mantenere un’idratazione adeguata non è solo una questione di performance, ma un vero e proprio fattore di prevenzione e sicurezza per chi pratica attività outdoor”.

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EFA News - European Food Agency
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