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L'alimentare sostenibile punta sulle proteine alternative

Un nuovo studio delinea i trend di un mercato in enorme crescita: +124% il capitale di rischio investito

Il cibo sale ancora una volta sul banco degli imputati della decarbonizzazione. Sembra strano, ma è così. Il sistema alimentare è responsabile del 26% delle attuali emissioni globali di gas serra e la sola agricoltura animale produce il 15% delle emissioni, pari all’incirca a quelle del settore dei trasporti. 

Niente paura. Stando all’ultima edizione dello studio di BCGe Blue Horizon “Food for thought: the untapped climate opportunity in alternative proteins” ("Cibo per la mente: l'opportunità climatica non sfruttata delle proteine alternative), la strada verso la sostenibilità è già tracciata grazie alle opportunità offerte dalle proteine alternative, che rappresenteranno l’11% di tutto il consumo di proteine entro il 2035. Per proteine alternative, lo ricordiamo, parliamo di cibi come legumi, frutta secca, cereali integrali, yogurt greco allo 0% grassi, uova, pesce in lattina come tonno, sgombro o sardine.

“Se supportate dalla tecnologia, dagli investimenti e dalle autorità di regolamentazione, le proteine alternative hanno margine per raddoppiare la propria quota di mercato entro il 2035 -spiega Lamberto Biscarini, managing director e senior partner di Boston Consulting-. Questo non ci stupisce considerando i passi da gigante fatti da questo tipo di prodotti in termini di accettazione da parte dei consumatori”.

L’indagine, condotta su 3.700 intervistati in 7 Paesi, ha rivelato che i miglioramenti nei valori nutrizionali, gusto e prezzo sono fondamentali per aumentarne la domanda: se venissero affrontate le maggiori inibizioni dei consumatori verso questi prodotti, la quota di consumatori che utilizzano esclusivamente o prevalentemente proteine alternative raddoppierebbe dal 13% al 27%, mentre il numero di chi le bilancia con quelle tradizionali aumenterebbe di quasi un terzo. Altri fattori, però, stanno alimentando i progressi del settore. Secondo il Good Food Institute, il capitale di rischio investito nelle proteine alternative è passato da 1 miliardo di dollari nel 2019 a 5 miliardi di dollari nel 2021, con un aumento del tasso annuo del 124%. Crescono anche gli investimenti in aziende specializzate in nuove tecnologie come le proteine da fermentazione (+137% dal 2019 al 2021) e a base di cellule animali(+425%). 

Non è tutto. Perché secondo gli esperti, l’incremento degli investimenti nel settore porta a una più ampia attenzione agli investimenti sostenibili, che crescono da tre a cinque volte più velocemente di quelli tradizionali. Nel rapporto Food for Thought del 2021, BCG ha stimato che il passaggio alle proteine alternative farà risparmiare 1 gigatone di CO2 entro il 2035, ossia circa 0,85 Gt di CO2 equivalente a livello mondiale entro il 2030. Se le proteine alternative arrivassero a conquistare una quota di mercato del 22% entro il 2035, si potrebbe raggiungere una riduzione di 2,2 Gt di COentro il 2030, che equivale a un potenziale risparmio compreso tra 100 e 160 miliardi di dollari.

“Questi dati rendono chiaro che si tratta di una grande opportunità per il settore alimentare -aggiunge Biscarini-. Gli investimenti nelle proteine alternative producono un impatto del capitale impiegato superiore a quello che possono ottenere i corrispondenti investimenti di decarbonizzazione in altri settori ad alta emissione, come ad esempio il passaggio alle pompe di calore negli edifici più vecchi”.

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EFA News - European Food Agency
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