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CLARA MOSCHINI

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Cala la produzione di riso per colpa di siccità e rincari

Solo in Lombardia sono stati 23 mila gli ettari di risaia bruciata dalla crisi idrica

Si è chiusa domenica scorsa, 2 ottobre, la 54a edizione della Fiera del riso di Isola della Scala (Verona), la patria del Vialone nano veronese Igp. La kermesse quest’anno, dopo due di anni di stop dovuti al covid, ha registrato circa mezzo milione di presenze in quasi tre settimane. Un successo che dimostra l'importanza del dal chicco bianco nel mondo gastronomico popolare. D'altra parte, in quest'area della bassa veronese, sono poco meno di 2.200 gli ettari coltivati a riso, dei quali oltre 1.400 Igp, per un totale produttivo di 7.150 tonnellate, la metà delle quali a marchio Igp. I dati sono stati presentati proprio a Isola della Scala dal nuovo Osservatorio italiano dedicato ai consumi secondo cui il riso si assume quasi esclusivamente in casa. Solo il 14,1% degli italiani lo mangia al ristorante almeno una volta alla settimana, anche se per gli chef è il piatto più social. 

Secondo l'Osservatorio, la varietà più conosciuta è il basmati, ma il Nano Vialone spicca nel Triveneto. Gli under 24, i millenials, conoscono pochissimo il mondo risicolo ma sono i più grandi consumatori di sushi, realizzato con chicchi prodotti perlopiù in Italia.

Come scrive l’Ente Nazionale Risi, solo in Lombardia sono stati 23 mila gli ettari di risaia bruciata dalla siccità: praticamente oltre il 10% di quanto destinato alla coltivazione: si stanno elaborando i dati per quantificare i danni anche in Piemonte, anche qui non meno del 10%.

Già in primavera si era capito che l’annata risicola 2022 sarebbe stata “difficile”: le semine registravano infatti un calo dei terreni messi in produzione, fatto dovuto ai sempre maggiori costi di gestione agronomica e all’impennata del prezzo dei cereali (ben più remunerativi). Rispetto al clima, Renato Leoni, presidente del Consorzio del Vialone nano Igp segnala che la siccità non ha avuto effetti disastrosi nella bassa veronese perché l’Igp, nei 24 comuni dell’areale della denominazione, cresce grazie alle acque di risorgiva provenienti dai monti Lessini, che contribuiscono a garantire la qualità del prodotto. 

“Se è vero che il risone, il riso allo stato grezzo, è cresciuto a quintale è cresciuto, adesso è sui 120 Euro, raddoppiato dall’anno scorso, tutto, concimi, energia, ecc., per noi è triplicato -sottolinea Leoni-. E un alto prezzo toglie la voglia all’acquirente, col rischio di farci perdere quote di mercato. Ecco perché abbiamo avuto un calo degli ettari investiti a riso di quasi il 10%”. Stesse lamentele dal vicentino Adriano Zanella, presidente del riso Igp del Delta del Po, 30 aziende consorziate nel 2021: qui le varietà a dimora sono per metà degli ettari Carnaroli, quindi Arborio, Baldo, Volano e Caravaggio. Anche nelle provincie della denominazione, Rovigo e Ferrara, c’è stato un calo della produzione a partire dagli ettari investiti, passati dai 1135 del 2021 ai quasi 900 odierni, oltre il -20%.

“Un -20% che quest’anno abbiamo avuto anche nelle rese -sottolinea Zanella-. Nel Delta del Po, in una strana alchimia, le acque dolci del grande fiume si mescolano alle salate del mare Adriatico. È questa una delle caratteristiche che fa grande il nostro riso. Anche noi abbiamo subìto un disamoramento dei produttori per gli alti costi di gestione, ma nel Delta il vero problema si chiama acqua. E non per la siccità: il Po ne ha portata sempre e noi comunque ci siamo sempre dati disponibili ad autocaricarcela coi nostri mezzi, le pompe dei trattori, prima che finisse comunque in Adriatico". 

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EFA News - European Food Agency
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