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A Bologna una giornata di studi sul carciofo

Storia, miti, valori nutrizionali e coltivazione (manuale) al convegno "L’Odissea del cibo dal campo alla tavola"

È stata dedicata la carciofo l'ultima puntata de “I giovedì dell’Archiginnasio - L’Odissea del cibo dal campo alla tavola” al Cubiculum Artistarum del Palazzo dell’Archiginnasio di Bologna. Relatori sono stati Maurizio Trigolo, agricoltore; Cecilia Prata, docente di Biochimica all'Università di Bologna; Guido Mascioli, della Delegazione Bologna Accademia italiana della cucina. Sul tavolo della discussione il carciofo, appunto, una coltivazione che va fatta manualmente seguendo i ritmi naturali. “La coltivazione del carciofo richiede una lavorazione manuale, anche nel diradamento delle piante, e spesso non incontra la possibilità di meccanizzare i processi da parte delle aziende agricole", spiega Trigolo"È una produzione faticosa -dice- ma che può fornire grandi soddisfazioni a livello qualitativo, come per la varietà del Morello di Romagna, che comunemente viene chiamato, a seconda delle zone, violetto o carciofo di San Luca nel bolognese. Il metodo di propagazione delle piante avviene per talea e tutte le lavorazioni occorrenti vengono effettuate manualmente. Il valore produttivo del carciofo per gli agricoltori sta nel mantenimento di una tradizione che ci è stata trasmessa e che con volontà e soddisfazione, può essere mantenuta e raccontata”.

“Osservandolo dal punto di vista biochimico nutrizionale sottolinea Cecilia Prata- il carciofo suscita notevole interesse poiché rappresenta una vera e propria miniera di micronutrienti e nutraceutici essendo ricco di potassio, calcio, fosforo e ferro con sue proprietà specifiche, note da tempo. Il carciofo deve, inoltre, la sua azione coleretica principalmente alla presenza di cinarina, sostanza amara ed aromatica che stimola la secrezione della bile: la sua azione benefica si estende anche al fegato, alla cistifellea e alla diuresi con importanti proprietà depurative che aiutano il corpo a non accumulare tossine”.

Infine, il nome e i miti antichi che ne descrivono la nascita e in cucina sublima pesce e carne salata. “Il nome carciofo deriva dall’arabo al kharsshuf che significa cardo spinoso -prosegue Prata-. Molti sono i miti che narrano la sua nascita: il poeta latino Orazio ci racconta che nell'isola di Zinari in Grecia viveva una bellissima ninfa dai capelli color cenere, il suo nome era Cinara. Zeus, colpito dalla sua bellezza la portò sull'Olimpo e le attribuì il titolo di dea". Il nome botanico del carciofo, ossia Cinara scolynus deriva dal De Re Rustica dello scrittore romano Columella secondo cui "cinara deriverebbe da cinis, la cenere, usata per rendere più fertili i terreni destinati alla coltivazione del carciofo".

In cucina si può lessare, farlo in minestra, da solo condito con olio e grasso, oppure tagliato per il lungo in 4-6 parti e fritto può servire per antipasto. Dà un ottimo sapore agli stufati, si accompagna con la carne salata, si può cuocere avvolto nella rete come i fegatelli, si usa nei piccatigli (carne tritata) e nei giorni di magro con il pesce. "I carciofi più grossi si cuociono con olio, burro, sale a fuoco lento. Si conservano bene e a lungo con olio e sale”, conclude Prata

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EFA News - European Food Agency
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