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Oliva Aitana diventa presidio Slow Food

La raccolgono una decina di produttori nel casertano che aderiscono al disciplinare

Una oliva da tavola, con una polpa così morbida da riuscire a separarla dal nòcciolo con due dita, dal colore che, al momento della raccolta a piena maturazione, oscilla tra il rosa e il nero brillante: così si presenta l’oliva aitana dei Colli Tifatini, nel casertano, appena entrata a far parte dei Presìdi Slow Food. "È uno dei tanti esempi di biodiversità della nostra zona, ha un grande valore storico-ambientale", sottolinea Alessandro Manna, che del neonato Presidio è il referente Slow Food. Ma soprattutto "è buona, un piacere da mangiare e facile da usare in cucina".

L’aggettivo aitana significa di Gaeta, ma quella dei monti Tifatini, i colli subappenninici che abbracciano a nord Caserta spingendosi fino a Capua, non è un clone dell’oliva itrana: "La ragione del nome è semplice – spiega il referente –. Un tempo, molte olive da mensa particolarmente buone venivano chiamate così". Non vi è però dubbio sull’unicità genetica della cultivar dei monti Tifatini, accertata negli ultimi anni anche dalle analisi di laboratorio condotte dall’Istituto di bioscienze e biorisorse del Cnr di Perugia e dal Dipartimento di scienze e tecnologie ambientali, biologiche e farmaceutiche dell’Università degli studi della Campania “Luigi Vanvitelli” di Caserta.
 
"Quando le olive erano un alimento e non uno sfizio, tutta la fascia collinare era impiantata a oliveti – prosegue – e lo dimostra il fatto che vi sono piante di questa cultivar, peraltro facilmente riconoscibili per via della forma “a merletto” che assumono quando invecchiano, a una decina di chilometri dal comune di San Prisco, che è il centro della produzione di queste olive". Poi, con il tempo, l’aitana si è in parte persa: "Un po’ per la fuga dalle campagne, un po’ per la speculazione edilizia, un po’ per gli incendi, un po’ perché si è privilegiato l’innesto di olivi adatti alla molitura – continua il referente –, fatto sta che questa varietà ha sì resistito, ma su una scala più piccola".

"Quando le olive erano un alimento e non uno sfizio, tutta la fascia collinare era impiantata a oliveti – continua Manna – e lo dimostra il fatto che vi sono piante di questa cultivar, peraltro facilmente riconoscibili per via della forma “a merletto” che assumono quando invecchiano, a una decina di chilometri dal comune di San Prisco, che è il centro della produzione di queste olive». Poi, con il tempo, l’aitana si è in parte persa: «Un po’ per la fuga dalle campagne, un po’ per la speculazione edilizia, un po’ per gli incendi, un po’ perché si è privilegiato l’innesto di olivi adatti alla molitura – continua il referente –, fatto sta che questa varietà ha sì resistito, ma su una scala più piccola". Dopo essere salita sull’Arca del Gusto, al termine di un percorso durato un paio di anni l’oliva aitana è finalmente diventata Presidio Slow Food. I produttori che aderiscono al disciplinare sono una decina e Giuseppe Santoro è il loro referente. "A San Prisco, circa 200 ettari dei quasi 8 chilometri quadrati di superficie sono oliveti – spiega Santoro –, ma non tutte le piante sono aitane. Complessivamente parliamo di una piccola produzione. Quest’anno, anche a causa della crisi climatica, purtroppo non è una buona stagione: complessivamente, tra tutti noi produttori, il raccolto sarà tra gli 80 e i 100 quintali".
 
L’aitana dei Colli Tifatini si raccoglie tra novembre e gennaio, quando la superficie del frutto si ricopre di una velatura pruinosa. Poi viene deamarizzata in una soluzione di acqua, sale e aceto rosso, un metodo tradizionale adottato ancora oggi. Se in tavola «è spettacolare, magari in un sugo alla puttanesca oppure sulla pizza, come già viene utilizzata in diversi locali della zona – prosegue Santoro –, come olio, invece, è neutro, per via della scarsa quantità di polifenoli, è ha una resa bassissima. "A San Prisco, circa 200 ettari dei quasi 8 chilometri quadrati di superficie sono oliveti – continua il referente dei produttori –, ma non tutte le piante sono aitane. Complessivamente parliamo di una piccola produzione. Quest’anno, anche a causa della crisi climatica, purtroppo non è una buona stagione: complessivamente, tra tutti noi produttori, il raccolto sarà tra gli 80 e i 100 quintali".

Santoro conclude confidando che il riconoscimento come Presidio Slow Food "possa essere un volano anche per la tutela dei Colli Tifatini: se l’olivicoltura diventa un valore economico competitivo, allora potrà essere anche un sostegno al progetto del parco delle colline Tifatine, che promuoviamo da tempo".

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