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Prevenzione obesità: Italia virtuosa (ma anche no)

Problema contenuto tra gli adulti, ma tra i bambini siamo i secondi peggiori in Europa

E' quanto emerge da uno studio di The European House Ambrosetti, illustrato durante un convegno promosso dal Gruppo Pellegrini.

Anche se la vita si allunga, il periodo vissuto in cattiva salute è aumentato di quasi cinque anni dal 2004 a oggi e vale il 20% del totale. Il dato è emerso dal convegno in Triennale Milano organizzato dalla Pellegrini, storica azienda italiana del settore dei servizi e della ristorazione collettiva, sul tema di nutrizione e longevità.

Il contesto da cui muove la riflessione è quello di un Paese che, come dimostrato dagli studi e analisi di The European House Ambrosetti portati a sostegno dell’iniziativa della Pellegrini, pur vantando una filiera agroalimentare tra le più importanti al mondo (capace di generare quasi il 20% del Pil nazionale e di occupare oltre tre milioni di persone) si trova a fare i conti con un quadro sanitario preoccupante. Una dieta scorretta è diventata la seconda causa di malattie croniche in Italia, con un impatto enorme anche dal punto di vista economico: la perdita di produttività legata a sovrappeso e obesità ammonta a 97 miliardi di euro l’anno, mentre il Pil del Paese risulta ridotto del 2,8%.

Il problema riguarda da vicino anche le nuove generazioni: l’Italia, pur essendo tra i Paesi più virtuosi per il contenimento del sovrappeso nella popolazione adulta, è il secondo peggiore in Europa per obesità infantile, con il 37% dei bambini in eccesso di peso (la media UE è del 29 per cento). Gli italiani vivono in media 2,7 anni in meno a causa del sovrappeso e già oggi le cure per l’obesità rappresentano il 9% della spesa sanitaria nazionale. Inoltre, la produttività del mercato del lavoro persa ogni anno dall’Italia a causa del sovrappeso è pari a oltre 570mila lavoratori a tempo pieno: il sovrappeso riduce il Pil dell’Italia del 2,8% e per coprire questi costi ogni italiano paga 330 euro in più di tasse all’anno. L’attuale tasso di obesità infantile porterà, secondo gli studi, a una spesa aggiuntiva per il Sistema sanitario nazionale di oltre 400 milioni all’anno.

Allo stesso tempo, le cattive abitudini alimentari restano diffuse: solo un italiano su dieci consuma le cinque porzioni quotidiane di frutta e verdura raccomandate. Se la popolazione che segue una dieta scorretta si allineasse a coloro che seguono le porzioni consigliate, il Paese risparmierebbe 2,8 miliardi di euro di spesa sanitaria. In questo scenario, dunque, la ristorazione collettiva diventa un attore centrale. Nei refettori scolastici e nei ristoranti aziendali si gioca una partita decisiva per la salute pubblica: qui, infatti, è possibile garantire un accesso democratico a cibo sano e bilanciato, rompendo il circolo vizioso che spesso lega il benessere alimentare al reddito. La Pellegrini, da sempre attenta al valore sociale della nutrizione, intende rafforzare questo ruolo e ha deciso di avviare insieme alla Fondazione Valter Longo un progetto sperimentale che ha coinvolto i propri dipendenti.

Sono stati invitati 223 collaboratori, di cui 116 (57% donne e 43% uomini, di età compresa tra i 25 e i 64 anni) hanno accettato di partecipare a un percorso di screening clinico e nutrizionale. I dati raccolti confermano quanto ci sia da lavorare: solo l’8,5% dei dipendenti ha dichiarato di avere un’alimentazione equilibrata, mentre il 96,6% ha espresso ildesiderio di migliorare il proprio stato di salute. Per questo i partecipanti sono stati divisi in gruppi con diversi livelli di intervento: dal mantenimento della dieta abituale fino a piani alimentari personalizzati secondo i protocolli della Fondazione, con l’obiettivo di migliorare la propria salute attraverso l’alimentazione e incidere sulla propria sana longevità.

Il convegno ha visto il contributo del professor Valter Longo, PhD e Direttore del Longevity Institute dell’Usc (University of Southern California di Los Angeles), che ha presentato le evidenze scientifiche più recenti in tema di nutrizione e longevità. Longo ha ricordato come l’invecchiamento sia il principale fattore di rischio per tumori, malattie cardiovascolari, diabete e Alzheimer, più rilevante persino di fumo e obesità. Ha illustrato i risultati degli studi sulla ‘Fasting Mimicking Diet’ (Fmd), il protocollo che si è dimostrato in grado di ridurre glicemia, colesterolo e pressione, coneffetti di ringiovanimento biologico di oltre due anni e mezzo in pochi cicli. Al tempo stesso, la cosiddetta ‘Longevity Diet’, un regime alimentare basato prevalentemente su alimenti vegetali, legumi, cereali integrali e grassi sani, può allungare l’aspettativa di una vita fino a dieci anni se adottata in giovane età, ma mostra benefici anche se intrapresa più tardi.

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EFA News - European Food Agency
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