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CLARA MOSCHINI

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Sviluppo sostenibile: investimenti industria di marca considerati fondamentali

Un terzo degli italiani esprime scarsa fiducia nelle promesse “green”

Anche in presenza di rilevanti tensioni sullo scenario geopolitico ed economico, che creano apprensione nell’opinione pubblica e possono modificarne le priorità, il 72% degli italiani considera una “responsabilità etica imprescindibile” il mantenimento degli investimenti e delle attività della moderna Industria di Marca grocery per lo sviluppo sostenibile. Le iniziative in campo ambientale sono le più attese (indice di priorità 43), seguite dagli interventi in ambito sociale (31) ed economico (25). Queste ed altre evidenze sono emerse oggi alla presentazione della ricerca Sostenibilità: la comunicazione del Bband nel vissuto del cittadino, promossa da Centromarca all’Università Bocconi di Milano nell’ambito del Salone della Csr e dell’Innovazione.

L’indagine, condotta nel mese di luglio da Swg su un campione di 2.012 soggetti maggiorenni, rivela che il 69% degli intervistati è molto o abbastanza convinto del fatto che la sostenibilità - se ben interpretata e comunicata - possa rappresentare un vantaggio competitivo per la Marca. Ad essere percepito è soprattutto l’impegno ambientale: lo afferma il 38% del campione, rispetto al 28% che indica l’ambito sociale e al 22% che si focalizza sugli aspetti economici.

Il 28% dei consumatori ritiene che le Industrie di Marca documentino in modo serio e concreto il loro impegno; il 44% considera che si tratti essenzialmente di strategie di marketing per conseguire vantaggi competitivi, il restante 28% lo riconduce a una scelta aziendale necessaria per non essere esclusi dal mercato di riferimento. Quando si parla di comunicazione sostenibile, il 54% dei consumatori dichiara di avere diversi livelli di fiducia e credibilità in funzione dell’azienda che la propone; il 31% la considera marketing e il 15% la prende in considerazione solo se è supportata da dati e/o da enti terzi. Nel valore del rapporto fiduciario, come era prevedibile, entra in gioco la reputazione che l’azienda ha saputo costruire nel tempo esprimendo trasparenza, coerenza, verificabilità dei fatti, approccio etico alla comunicazione.

Il 52% degli intervistati suggerisce alle Industrie di Marca (IdM) di veicolare i loro messaggi attraverso i media tradizionali (tv, radio, quotidiani), il 37% indica i media digitali, il 54% l’insieme costituito da attività come le sponsorizzazioni, gli eventi e le conferenze. Per quanto riguarda i contenuti, la richiesta è di avere meno slogan e più elementi concreti/verificabili (37% del campione), spiegando in modo semplice perché un certo intervento ha effetti sullo sviluppo sostenibile (30% di indicazioni), integrando le informazioni aziendali con dati/verifiche indipendenti (27%), evidenziando i limiti, le difficoltà, i rischi di insuccesso di un determinato progetto (26%).

Dalla ricerca emerge in modo rilevante l’importanza per le imprese italiane - di tutti i settori, non solo del largo consumo - di rafforzare e affinare l’efficacia delle attività di comunicazione dedicate alla sostenibilità per favorire alla collettività una più chiara percezione del senso e della concretezza delle iniziative. Sotto questo profilo, infatti, i risultati possono migliorare se si considera che per il 47% delle persone intervistate il presidio della sostenibilità, così come è presentato nei dibattiti e sui media, è considerato più propaganda che reale impegno e non esprime contenuti tangibili. Sempre allargando lo sguardo al mondo delle imprese nella sua totalità, si scopre che per il 55% del campione sostenibilità è un termine “abusato, pur conservando un certo valore”, che il 10% lo considera “privo di reale valore” e solo per il 27% “è usato correttamente e rappresenta un valore concreto e necessario”.

I consumatori esprimono una certa sofferenza nell’adottare in prima persona comportamenti sostenibili. Il 18% afferma che saprebbe cosa fare “ma non sempre ci riesce” e il 38% sostiene di voler fare di più, ma di non disporre di risorse economiche adeguate. Il 33% esprime scarsa fiducia nelle informazioni contenute in etichetta e nelle promesse “green”, insieme alla convinzione che le scelte personali non facciano la differenza e alla sensazione che sia troppo complicato fare scelte sostenibili. Per il 59% la scelta tra un articolo più economico, ma meno sostenibile, ed uno più costoso, ma sostenibile, “dipende dalla situazione e da quanto la differenza di prezzo è significativa”; il 15% preferisci optare per prodotti più economici, anche se meno sostenibili; il 22% “cerca sempre il prodotto sostenibile, anche se più costoso”.

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EFA News - European Food Agency
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