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Canapa industriale, il Consiglio di Stato dice stop

Rinviata alla Corte di giustizia Ue la decisione sul divieto italiano di commercializzazione delle infiorescenze di canapa

Il Consiglio di Stato che ha rinviato alla Corte di giustizia dell’Unione europea la decisione sulla compatibilità con il diritto comunitario del divieto italiano di commercializzazione delle infiorescenze di canapa. La decisione arriva due settimane dopo che il Masaf ha annunciato di essere pronto a riattivare il Tavolo tecnico di filiera della canapa industriale, con l’obiettivo di completare un piano di settore che valorizzi appieno le potenzialità della pianta in tutti i suoi usi: alimentare, tessile, cosmetico, edile e medico (leggi notizia EFA News). 

Saranno, dunque, i giudici di Lussemburgo a porre fine al lungo periodo di incertezza per un settore che occupa circa 15 mila persone e genera un fatturato annuo di 500 milioni di euro, innescato dall’approvazione del decreto sicurezza fortemente sostenuto dal governo di Giorgia Meloni.

Il Consiglio di Stato è stato chiamato in causa dal governo, che ha impugnato le sentenze del Tribunale amministrativo regionale del Lazio sul decreto con cui il governo aveva equiparato le composizioni orali a base di cannabinoide non attivo (CBD) alle sostanze stupefacenti. 

I giudici amministrativi hanno deciso di deferire alla Corte dell’UE la controversia sull’emendamento al disegno di legge sulla sicurezza, che di fatto vieta la produzione e il commercio di infiorescenze di canapa e dei suoi derivati. Nella sua ordinanza, il Consiglio di Stato sottolinea anzitutto il principio secondo cui la legislazione dell’UE, nel definire le varietà che possono essere coltivate, “non fa alcuna distinzione tra le varie parti della pianta”. 

La prima questione da risolvere è se le norme europee precludano una legislazione nazionale che vieti la coltivazione e l’uso di foglie e infiorescenze e dei relativi derivati (CBD) provenienti da varietà consentite entro i limiti legali di THC (il principio attivo della cannabis) non superiori allo 0,2%.

Successivamente, si pone la questione delle restrizioni “ingiustificate” al mercato unico europeo. Il divieto di produzione e commercio di infiorescenze di canapa e derivati comporta inevitabilmente restrizioni alle importazioni e alle esportazioni che non possono essere giustificate per motivi di salute o di ordine pubblico, dato il livello “estremamente basso” di THC. Per questo potrebbe violare il principio della libera circolazione delle merci sancito dagli articoli 34 e 36 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE).

In terzo luogo va considerato anche il confronto con altri paesi dell’UE. La produzione di cannabidiolo “sembra essere legale in altri Stati membri”, osserva il Consiglio di Stato. Lo scenario indicato dalla massima autorità amministrativa è quello di una possibile disapplicazione della normativa nazionale incompatibile: è “possibile” che la legge 242/2016, la legge sulla canapa industriale, modificata dal governo Meloni, “debba essere considerata non conforme alle norme europee e, come tale, debba essere disapplicata”.

“Il Consiglio di Stato evidenzia l’anomalia italiana e chiede alla Corte di giustizia dell’Unione europea se sia davvero possibile prendere di mira solo le infiorescenze quando l’UE non distingue tra le parti della pianta e il contenuto di THC è minimo”, evidenzia Mattia Cusani, presidente di Canapa Sativa Italiana che per prima ha portato all’attenzione delle istituzioni europee le questioni critiche relative ai divieti italiani.

Secondo Cusani, ci troviamo di fronte a “un momento decisivo” dopo un lungo periodo di stallo in cui la Commissione europea ha ritardato la valutazione della questione richiesta dalle associazioni di categoria e dai deputati europei. Per le aziende e i negozi, “ciò significa una prospettiva concreta di certezza giuridica e protezione della catena di approvvigionamento, in conformità con le norme europee”.

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EFA News - European Food Agency
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