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Trump si fa bello da McDonald's

Davanti ai manager della società yankee, il presidente ribadisce che le tariffe non alzano l'inflazione


Il presidente Usa Donald Trump stupisce il mondo con l'ennesima retromarcia, o presunta tale, sui dazi. Non solo, in previsione di un'ennesima debacle mette le mani avanti e si fa scudo con il colosso yankee McDnald's. Cosa è successo? Semplice. Ieri Trump, ha detto all'Impact Summit bipartisan della catena a Washington, davanti a proprietari, operatori e fornitori della catena di fast food, che la sua amministrazione sta facendo progressi nella lotta all'inflazione, ma che c'è ancora molto lavoro da fare. 

Trump ha fatto appello direttamente alla più grande catena di fast food della nazione insistendo sul fatto che i tagli fiscali e le misure adottate dalla sua amministrazione per riportare la produzione interna negli Stati Uniti contribuiranno ad aumentare il reddito reale degli americani e a stimolare la crescita. 

Il presidente Usa continua a sostenere che i suoi dazi non stanno alimentando l'aumento dei prezzi. Ma, fanno notare gli analisti, intanto nei giorni scorsi, ha cambiato rotta annunciando l'eliminazione dei dazi su oltre 200 prodotti alimentari importati, tra cui caffè e banane, ammettendo poi ai giornalisti che i dazi potrebbero aumentare i costi “in alcuni casi”. 

Secondo la Reuters il ceo di McDonald's Chris Kempczinski ha avvertito che i consumatori a basso reddito stanno dovendo assorbire “un'inflazione significativa”. L'azienda, ben consapevole di quanto i lavoratori a basso reddito siano sensibili all'aumento dei prezzi, offre da oltre un anno un menu da 5 dollari. 

Trump insiste sul fatto che l'inflazione è ora molto più bassa rispetto al mandato dell'ex presidente democratico Joe Biden, quando i prezzi al consumo erano saliti fino al 9% circa. Ma gli americani rimangono scettici. Il tradizionale indice “Big Mac” dell'Economist, che misura il costo del famoso hamburger a due piani in numerosi paesi, mostra che a luglio un Big Mac costava in media 6,01 dollari, in aumento rispetto ai 5,69 dollari di un anno fa e ai 5,15 dollari di tre anni fa. 

Il costo della carne rimane un punto dolente. Secondo i dati del governo statunitense, a settembre un chilo di carne macinata costava ai consumatori circa 6,33 dollari, con un aumento del 13,5% rispetto all'anno precedente. 

L'indice dei prezzi al consumo, il parametro più comunemente citato per misurare l'inflazione negli Stati Uniti, ha registrato a settembre un aumento del 3% su base annua, il livello più alto da gennaio, con oltre la metà delle voci monitorate che hanno registrato aumenti superiori al tasso complessivo del 3%. 

L'aumento annuale complessivo dei costi dei prodotti alimentari consumati a casa, sebbene apparentemente più modesto con un 2,7% a settembre, è il più consistente in oltre due anni. I consumatori continuano a essere frustrati dai prezzi elevati: aziende come Coca-Cola hanno espresso preoccupazione per l'aumento dei costi e il crescente divario tra i consumatori a basso e alto reddito.

Per "metterci una pezza" Trump ha già avanzato l'idea di un assegno di 2.000 dollari finanziato dai dazi per gli americani a basso e medio reddito, anche se una misura del genere richiederebbe l'approvazione del Congresso. Probabilmente spaventato dalla reazione che potrebbero avere i consumatori, il presidente non solo ha tolto i dazi sui 200 prodotti in modo da evitare il rialzo dell'inflazione: ha anche in programma, in vista delle elezioni di medio termine del prossimo novembre, di tenere comizi in tutti gli Stati Uniti nei prossimi mesi negli Stati chiave per promuovere la sua agenda economica.

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EFA News - European Food Agency
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