Alimenti ultraprocessati: la sfida della sanità pubblica nel piatto
Anche solo 100 gr al giorno aumenterebbero ipertensione, malattie cardiache e mortalità
Non solo ‘junk food’ come patatine, snack, merendine e bevande zuccherate. Ogni giorno nei carrelli della spesa entra una categoria di prodotti che mette a rischio la salute in modo silenzioso: gli alimenti ultraprocessati (Upf) anche detti ultra lavorati o ultra elaborati, in cui il prefisso ‘ultra’ rende conto del significato. Parliamo di preparazioni industriali in cui le materie prime sono scomposte e ricombinate. ricche di additivi, coloranti, emulsionanti, stabilizzanti e rappresentano fino al 50-60% dell'apporto calorico giornaliero in alcuni paesi occidentali.
Le più recenti evidenze scientifiche li associano a un incremento del 15-20% della mortalità per tutte le cause, a un rischio aumentato del 12-18% di patologie cardiovascolari. Mentre una diminuzione del 10% diminuisce il rischio di diabete di tipo 2 del 14%. Anche consumi apparentemente modesti come 100 grammi al giorno, risultano collegati a un aumento di ipertensione, malattie cardiache e mortalità generale.
Per affrontare con rigore una sfida emergente per la sanità pubblica, l’Intergruppo ha promosso il Convegno "Alimenti Ultraprocessati e Salute. Dalla classificazione Nova alle politiche pubbliche" tenutosi oggi a Palazzo Grazioli a Roma alla presenza di alcuni tra i massimi esperti nazionali per discutere di una sfida per la salute pubblica globale. Il convegno ha come obiettivo l'elaborazione di un position paper che possa contribuire ad orientare le politiche nazionali nei prossimi anni. Il documento, frutto del confronto tra esperti, istituzioni e stakeholder, fornirà raccomandazioni su regolamentazione, etichettatura, educazione, ricerca e monitoraggio, affrontando l'impatto multidimensionale degli Upf su salute, economia, ambiente ed equità sociale.
"E’ il momento di discutere dell’argomento, prima che l'Italia raggiunga i livelli di altri paesi dove gli Upf dominano la dieta quotidiana", afferma Simona Loizzo, presidente dell’Intergruppo Stili di Vita e Riduzione del Rischio "La prevenzione è più efficace e meno costosa dell'intervento tardivo. Le politiche di contenimento della diffusione sono più urgenti proprio dove i consumi sono sotto controllo e il modello di cibo pronto non sia prevalente”. Il carico sui sistemi sanitari è destinato a crescere esponenzialmente, con proiezioni che indicano un incremento della spesa sanitaria del 15-25% entro il 2040 in assenza di politiche preventive efficaci.
“L’idea di questo convegno nasce da una domanda: perché i cibi pronti costano meno dei singoli ingredienti se hanno alle spalle un processo industriale?” spiega il direttore del Mohre Johann Rossi Mason. “Dopo essermi documentata ho trovato la risposta: in questi cibi non ci sono materie prime di qualità, ma surrogati; la lavorazione elimina nutrienti essenziali e sapore che sono aggiunti con sostanze chimiche per dare forma, sapore, stabilità e allungare a dismisura la vita sugli scaffali (shelf-life). Una recente ricerca apparsa su Nutrition and Metabolism ha messo in luce il ruolo di Upf nell’insorgenza di prediabete: anche solo un aumento del 10% nella dieta aumenta il rischio di prediabete del 51% e una alterazione della tolleranza al glucosio del 158%. All’informazione devono affiancarsi politiche sistemiche capaci di contenere la diffusione dei prodotti e arginare la creazione di un ambiente ‘obesogeno’ in cui è forte la pressione dei ‘determinanti commerciali delle malattie”.
In Italia, gli alimenti ultraprocessati rappresentano attualmente il 20% delle calorie consumate ogni giorno, una percentuale significativamente inferiore rispetto ad altri paesi occidentali. Tuttavia, questo dato non deve indurre a sottovalutare il problema: il trend è in costante crescita, particolarmente allarmante nelle fasce pediatriche e giovanili.
“Gli alimenti ultraprocessati – definiti dalla classificazione Nova come ‘formulazioni industriali con cinque o più ingredienti, contenenti sostanze raramente utilizzate nella cucina domestica’ – non rappresentano solo un problema di eccesso di zuccheri, grassi e sale, ma sono una fonte importante di additivi alimentari, come coloranti, conservanti, antiossidanti, anti-agglomeranti, esaltatori di sapidità ed edulcoranti il cui fine principale non è migliorare le proprietà nutrizionali degli alimenti ma piuttosto quello di esaltarne il sapore, l'aspetto e anche la durata", spiega Marialaura Bonaccio, dell’Unità di Ricerca di Epidemiologia e Prevenzione dell’Irccs Neuromed di Pozzilli. "Recenti studi pubblicati sul British Medical Journal e su The Lancet documentano associazioni significative con malattie cardiovascolari, tumori del colon-retto, mammella e pancreas, malattie neurodegenerative, declino cognitivo e disturbi mentali inclusa depressione e ansia”, conclude Bonaccio.
EFA News - European Food Agency