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Forum F&B/2. Il climate change ci costa 1 miliardo di Euro

Le cifre in un report Ambrosetti The Europea House presentato oggi a Bormio


Un miliardo di Euro. È questa la cifra che quantifica il danno causato ogni anno al settore agricolo italiano dall’impatto del cambiamento climatico. Il costo è la somma tra la riduzione delle quantità prodotte e il peggioramento della qualità dei raccolti. I numeri e i dettagli sono contenuti in un report riservato, stilato da The European House-Ambrosetti in vista del sesto forum sul Food&Beverage, che si tiene a Bormio oggi, 17 giugno e, domani, 18 giugno 2022.

Nel 2021 "le avversità climatiche hanno determinato una perdita di produzione media del 27% della frutta, del 10% del riso e del 9% del vino", riporta l'indagine che sottolinea come gli impatti più severi siano stati raggiunti "nella produzione di miele, quasi totalmente scomparsa con un calo del 95%, quella delle pere (-69%) e delle pesche (-48%)". 

"L’agroalimentare è uno dei comparti più impattati dal cambiamento climatico sia a causa dell’aumento degli eventi meteo estremi che per la siccità- si legge nel dossier anticipato da Italia Oggi-. Il 21% del territorio italiano è a rischio desertificazione: allo stesso tempo il numero di eventi estremi cresce del 25% l’anno. Il climate change sul territorio italiano -dice ancora il report- può mettere a rischio circa l’8% del pil entro il 2100".

Quello che succede in Italia, ovviamente, è una piccola parte di quanto succede in tutto il pianeta. "A gennaio 2022, la popolazione mondiale ha toccato per la prima volta gli 8 miliardi di Euro. Nell’ultimo trentennio la produzione mondiale di cibo è aumentata del 91%, il doppio di quanto sia aumentata la popolazione (+45%)". 

Anche per questo i sistemi agricoli del pianeta "dovranno essere pronti a fronteggiare un aumento significativo della domanda alimentare -rivela il report-. Onu e Fao stimano un aumento della produzione di cibo del 60% al 2050, a fronte di un incremento della popolazione del 23%. E la filiera agroalimentare incide per il 31% dei gas serra globali. In Italia per il 32%". 

Dunque? "L’aumento della produzione di cibo può causare esternalità negative sugli ecosistemi ambientali necessari per produrlo -riporta lo studio-. Dal 1990 al 2019, il suolo disponibile per pratiche agricole nel mondo è diminuito dello 0,4%, il terreno forestale del 4%". 

In tutto questo scenario Ambrosetti suggerisce una soluzione immediata: ricorrere all’agricoltura 4.0 che fa risparmiare il 30% circa degli input necessari per l’attività agricola e accresce del 20% la produttività. La soluzione, però, rappresenta un vulnus per un paese come l’Italia: da noi, la filiera agroalimentare, infatti, è storicamente dipendente dall’estero per materie prime agricole, cosa che ha determinato un deficit commerciale da 85,8 miliardi di Euro cumulato dal 2010 al 2021. Una dipendenza che, sostiene il report Ambrosetti, ha determinato, soprattutto, una forte esposizione ai cali produttivi e prezzi alti delle materie prime, oltre alla crescente vulnerabilità agli choc nell’approvvigionamento.

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EFA News - European Food Agency
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