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Latte/2. Cia critica l'accordo con Italatte (Lactalis)

L'aumento ottenuto dagli allevatori rischia di essere superato dall’incremento dei costi di produzione

L’accordo appena siglato sul prezzo del latte scatena le reazioni e i commenti degli addetti ai lavori. La prima a commentare l'intesa con Italatte che vede un prezzo medio di 57 centesimi al litro, è la Cia-Agricoltori italiani: ed è parecchio scontenta. Perché l'aumento ottenuto dagli allevatori, dicono, rischia di essere superato presto dall’incremento dei costi di produzione. Un aumento che non decide a fermarsi complice l’instabilità dei mercati e, ora, anche quella politica con la caduta del Governo. 

L'accordo con Italatte non piace alla Cia per tanti motivi: prima di tutto perché è un accordo siglato con player che possono condizionare, a livello nazionale, le future trattative di mercato delle varie realtà del settore. Questo tipo di accordi, secondo la Cia, devono coinvolgere necessariamente tutte le forze della filiera, soprattutto in un momento così delicato e instabile dal punto di vista politico ed economico.

Una valutazione che si rafforza in considerazione della distanza dell’accordo dagli attuali valori del latte spot, che il 18 luglio ha raggiunto 65,75 Euro al quintale: a Milano le quotazioni si attestano questa settimana sui 650-660 Euro a tonnellata, mantenendosi per la quarta settimana consecutiva sopra la soglia dei 600 Euro a tonnellata, quota mai raggiunta in precedenza. Prezzi sostenuti anche dalla minore produzione di latte a livello mondiale. 

Da non sottovalutare nemmeno la crisi politica in atto. “L’attuale situazione dell’esecutivo ci pone in una posizione di forte preoccupazione per le prospettive future delle imprese zootecniche, che necessitano di interventi concreti, urgenti e sicuri, per superare questa fase critica -spiega il presidente nazionale di Cia, Cristiano Fini-. C’è bisogno di un Governo pienamente operativo, perché tutto questo caos avrà ripercussioni sull’accesso alle risorse finanziarie e sulla tenuta delle aziende del settore”. 

E non è tutto. Secondo la Cia le aziende zootecniche "continuano a registrare un’impennata dei costi produttivi". Solo nel primo trimestre dell’anno, fa notare la Cia, "gli esborsi degli allevatori sono cresciuti del 16,6% rispetto allo stesso periodo del 2021: in aumento del 9,8% anche i prezzi degli animali da allevamento, del 21% quello dei mangimi e addirittura del 61,5% quello dei prodotti energetici". 

La dinamica dei prezzi di vendita, sottolinea la confederazione che raggruppa oltre 900 mila iscritti, ha dimostrato di non essere in grado di assorbire i maggiori costi, esponendo gli allevatori all’erosione dei margini di guadagno, ormai ai minimi storici. Ad aggravare il quadro poi le altissime temperature estive che, nella maggior parte delle stalle, "stanno provocando una minore produzione di latte".

"Sottoscrivere un accordo che non contempla la variabilità e la complessità di tutti questi elementi -spiegano dalla confederazione- rischia di avere un effetto controproducente sulla sostenibilità economica delle stalle, già in una situazione di forte difficoltà, per i forti rincari sull’alimentazione del bestiame, acuiti dalla perdurante siccità che sta mettendo a rischio le colture foraggere".

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EFA News - European Food Agency
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