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Birra artigianale, non raggiunge il 3% della produzione italiana

Report del Consorzio birra italiana: dopo un boom iniziale, la craft beer di casa nostra si è fermata

È il Consorzio birra italiana, prima alleanza produttiva su scala nazionale tra produttori agricoli, malterie e birrifici indipendenti, a lanciare l'allarme della birra artigianale italiana. Lo fa con un report in cui mette in luce numeri e dati sul settore, evidenziando una preoccupante situazione di stallo. Secondo l'indagine, infatti, la craft beer italiana è bloccata sulla soglia del 3% del totale produzione.

Secondo i dati del report oggi in Italia sono attive 1.085 unità produttive artigianali, cioè birrifici e brewpub: in ogni provincia è presente almeno un produttore. In 28 anni hanno cessato l’attività 251 unità produttive, per un tasso di mortalità d’impresa vicino al 19%, leggermente sotto a quello di altri settori produttivi.

L'anno di svolta delle aziende produttrici è il 2008: la curva dei birrifici attivi si innalza per poi rallentare un decennio dopo. Nel 2009 il settore è colpito dalla crisi Lehman Brothers cominciata l’anno precedente, poi comincia a riprendersi lentamente fino a segnare nuovi record storici a partire dal 2015. 

Nello stesso periodo, comincia anche in Italia la crescita idei consumi pro capite: in soli sette anni sono aumentati di oltre il 15% nonostante la pandemia, fino al recente primato del 2021 con 35,2 litri a persona. Nel frattempo cambiano anche le abitudini di acquisto che, negli ultimi anni si sono decisamente spostate sui prodotti premium e super premium.

Il dato deprimente è quello che riguarda la quota mercato della birra artigianale: dal 2015 a oggi oscilla in una stretto range tra il 3% e il 3,5%, sostanzialmente statico. Eppure, il movimento della birra artigianale è stato positivo per tutti. “Ha portato grande innovazione, perché ha fatto parlare di qualità oltre che di prezzo, sia ai distributori che ai consumatori: di territorio, di torbidità, di stili”, spiega Carlo Schizzerotto, direttore del Consorzio birra italiana. 

In realtà, dicono dal Consorzio, è successo che di questa trasformazione del mercato sembra abbia goduto principalmente l’industria che è riuscita ad affollare gli scaffali con birre crafty o prodotti super premium, trovando spazio libero in canali non coperti dalla birra artigianale. La birra artigianale, insomma, ha contribuito non poso a cambiare le regole del gioco, ma poi è rimasta a bordocampo.

Un esperto come Teo Musso, patron del microbirrificio agricolo Baladin, nel 2005 era convinto che la birra artigianale italiana avrebbe raggiunto il 10% del mercato: se non ci è riuscita, dice oggi, è solo colpa dei suoi protagonisti. Secondo Davide Daturi, già general manager di Dibevit-gruppo Heineken, i microbirrifici italiani sono concentrati sul prodotto ma trascurano la parte commerciale: non ascoltano i consumatori, non cercano fidelizzazione e ampiamento del bacino, snobbano la grande distribuzione. 

Per Stefano Baldan, patron di Brewrise, ci sarebbero tutti gli elementi per crescere molto, perché c’è una massa di consumatori ben predisposti alla birra artigianale: per farlo, però, bisogna essere uniti, aspetto che è spesso assente. 

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