Non riceve alcun finanziamento pubblico
Direttore responsabile:
CLARA MOSCHINI

Facebook Twitter Youtube Instagram LinkedIn

Assobibe, tra packaging e sugar tax obiettivi per il futuro

Intervista a tutto campo con David Dabiankov, dg dell’associazione di Confindustria

Archiviati i festeggiamenti (Efanews 17/112022) per Assobibe, l’associazione di Confindustria che rappresenta i produttori di bevande analcoliche in Italia, si apre il 76mo anno di attività. E gli obiettivi dopo questo giro di boa si fanno molteplici.

“Certamente continueremo ad impegnarci perché le imprese di questo settore possano avere le condizioni migliori per crescere, rinforzarsi e seguitare a creare valore economico”, spiega David Dabiankov, direttore generale dell’associazione. 

“E proseguiremo le attività per quelle più vocate all’export, per sostenerle sui nuovi mercati: visto che le nostre bibite rinfrescanti sono tra le più apprezzate al mondo”. E infatti cedrate, chinotti, spume, gassose e aperitivi analcoolici sono un’invenzione tutta italiana, frutto della cultura del saper fare abbinata agli ingredienti del territorio. “All’estero non esiste nulla di tutto questo, i soft drink sono limitati a poche categorie merceologiche”, sottolinea ancora Dabiankov, “mentre noi abbiamo una varietà di prodotti legata alle nostre ricette tradizionali e ai nostri ingredienti”. Varietà che, per paradosso, non stimola gli acquisti, visto che “gli italiani sono al penultimo posto in Europa per il consumo di bibite, con i 48 litri pro capite bevuti l’anno, contro i 160 litri di tedeschi e cechi”.

E se tra le mission da perseguire nei prossimi anni c’è anche quella di aumentare la quota di materie prime italiane utilizzate nella filiera, specie quella delle arance (oggi solo il 50% di frutta e agrumi utilizzati dal comparto è di provenienza nazionale, per un valore di acquisti di materie prime Made in Italy pari nel 2019 a 1,4 miliardi di euro), a tenere banco in questi giorni è il regolamento sugli imballaggi presentato mercoledì scorso dalla Commissione europea, in modifica dell'attuale direttiva europea 94/62/CE (vedi articoli EFA News).

Regolamento che mira di fatto al riuso, più che al riciclo, degli imballi di alimenti e bevande e al rilancio del “vuoto a rendere” dietro cauzione. Un vero colpo basso per la consolidata filiera del riciclaggio italiana, assai più avanzata che nel resto d’Europa, che rischia di mandare all’aria oltre 700mila aziende. 

“Una revisione della disciplina era attesa ma l’approccio è stato di particolare forza e durezza perché il regolamento non dà molti margini di autonomia agli stati membri”, sottolinea Dabiankov. 

“La proposta rischia poi di introdurre esperienze di altri paesi non necessariamente funzionali in Italia, con misure che introducono enormi costi di implementazione. Ciò che colpisce di più è il rimuovere quanto legiferato fino adesso e imposto come strategia in tema di riciclo, in particolare della plastica. Le imprese negli anni si sono adeguate, sia quelle che producono imballi sia quelle che come noi li utilizzano: che il sistema venga adesso accantonato appare assurdo. Quello che prima era un imballo, considerato importante in termini di sicurezza, igiene, portabilità e consumo dei prodotti, da valorizzare grazie sempre un più marcato riciclo, all’improvviso non lo è più: perché la Commissione ci dice che gli imballi monouso devono essere sostituiti da altri riutilizzabili, soprattutto nel canale Horeca”. 

Insomma una sconfessione dell’economia circolare, promossa negli anni con forza dalla Ue, che portava a ridare valore a imballi ormai considerati rifiuto. Principio in virtù del quale nel 2021 si stima l’Italia abbia avviato a riciclo il 73,3% del packaging immesso sul mercato, per un totale di materiale pari a 10 milioni e 550mila tonnellate. Ma non basta. 

“Rendere una bottiglia di plastica riutilizzabile genera problemi di impatto ambientale, costi e organizzazione”, sottolinea il direttore di Assobibe. “Ogni pezzo dovrebbe essere riportato in stabilimento, lavato, trattato, igienizzato, rimesso su una linea di imbottigliamento diversa da quello utilizzato per le bottiglie monouso… Con Unesda (Union of European Soft Drinks Associations), la nostra organizzazione europea, a inizio 2022 abbiamo commissionato uno studio, solo per la plastica, su questa ipotetica rivoluzione. I numeri parlano chiaro: perché si stima che un adattamento al nuovo modello di business comporterebbe per l'industria europea costi aggiuntivi pari a 18,7 miliardi di euro. Per far sì che una bottiglia abbia circa 10 vite occorrerebbe infatti utilizzare più plastica per renderla più resistente, dare vita a un contenitore dal diverso peso e dagli ingombri diversi, per il quale velocità di imbottigliamento si ridurrebbe del 50%. Per non parlare di tutti i problemi logistici di trasporto e stoccaggio. Il passare dai contenitori PET monuso ai PET ricaricabili a rendere è insomma una rivoluzione che non può avvenire a costo zero, sia dal punto visto ambientale che da quello puramente economico”.

Tra gli obiettivi prossimi anche la cancellazione definitiva della sugar tax, la cui entrata in vigore è stata posticipata di un anno (Efanews 22/11/2022). “Il rinvio è stata una boccata d’ossigeno, accolta con sollievo e entusiasmo da parte delle imprese”, spiega ancora il direttore di Assobibe. “Sarebbe stato drammatico iniziare l’anno con questo ulteriore freno alle attività. Ma i tempi nel settore produttivo sono importanti e le aziende devono saper con certezza quali investimenti tenere bloccati e quali no. Confidiamo quindi nella definitiva cancellazione della tassa. Nel frattempo noi come associazione abbiamo redatto dei protocolli con il ministero della Salute per migliorare le ricette e ridurre l’impatto nutrizionale e questo ha portato a dei risultati importanti, a prescindere dalla sugar tax”. 

Da qui una nuova offerta sul mercato di nuovi prodotti, con un + 74% di bevande a ridotto o nullo contenuto calorico, un -36% di taglio di calorie e un -35 % di zucchero venduto tramite soft drink nel periodo 2010-2020. Insieme a una generale riformulazione dei prodotti, all’ideazione di formati più piccoli per facilitare la moderazione, confezioni richiudibili e una serie di misure di autodisciplina in materia di promozione dirette ai bambini. “Questi risultati, perseguiti dalle aziende volontariamente, dimostrano l’inutilità di una tassazione dagli effetti fiscali (+28% su un litro di bevanda), occupazionali e di mercato molto negativi: visto che al miglioramento delle ricette si è arrivati senza i danni economico-sociali che la sugar tax comporterebbe”. 

Piccoli sforzi insomma secondo Assobibe per venire incontro alle esigenze dei consumatori. Ma le bibite devono rimanere bibite. “Questi prodotti sono dolci ed è impensabile farli diventare amari o penalizzare una bevanda per remoti motivi che ci sfuggono”, conclude Dabiankov. 

rce - 27836

EFA News - European Food Agency
Simili