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CLARA MOSCHINI

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Troppi rincari, è crisi per il prosciutto San Daniele

Aumenti delle cosce del 20% rispetto a un anno fa: non ha senso "salare", dicono i produttori

Anche i produttori di prosciutto dop piangono. I rincari delle materie prime, infatti, si ripercuotono anche sulla produzione del prosciutto di San Daniele dop che paga i maggiori costi delle cosce di suino. Aumenti che negli ultimi mesi, in certi casi hanno perfino scoraggiato i produttori al punto da indurli a sospendere temporaneamente la lavorazione.

Un caso eclatante è quelo del prosciuttificio Dok Dall’Ava di San Daniele del Friuli (Udine) che si è arreso davanti a un prezzo di 6,2 Euro al chilo, stabilito dalla commissione unica nazionale per i suini, quella che settimanalmente definisce il prezzo di riferimento. "Oltre quella cifra, che per noi poi diventa 6,4 Euro, contro 4,2 Euro di un anno fa, abbiamo deciso di non salare -spiega Carlo Dall’Ava-. Con quei prezzi non ha senso produrre, è antieconomico. E quest’anno è accaduto diverse volte".

Dall’Ava denuncia rincari delle cosce nell’ordine del 20% rispetto a un anno fa, un balzo in avanti che l’imprenditore racconta d’essere riuscito a ribaltare sul cliente finale solo per la metà. "Perché -spiega Dall'Ava riportato da Nordest Economia- la grande distribuzione organizzata non ci riconosce il prezzo. L’inverno? Sarà abbastanza pesante. I consumi sono in frenata, la gente che non va in ferie taglia anche sulla spesa. Poi per fortuna chi spende lo fa scegliendo la qualità".

La corsa dei prezzi delle materie prime viaggia da un anno, visto che è iniziata a fine estate 2022 e non si è ancora fermata. "Si stima un’inflazione intorno al 15% o al 16% -sottolinea Mario Cichetti, direttore del Consorzio del prosciutto di San Daniele che raduna i 31 produttori della Dop friulana-. Costi che le aziende non sono riuscite a trasferire sui clienti se non in parte, nell’ordine del 5%-6%, facendosi carico di quella restante. Per fortuna il sistema è resiliente ma c’è un limite, un punto di equilibrio che non può essere superato, viceversa ne va della marginalità che già oggi risente della situazione".

Già a giugno il manager aveva dato l’allarme, rivolgendosi in particolare alla grande distribuzione. "La gdo sta mantenendo prezzi medi per i salumi di alta qualità e i produttori stanno assorbendo da soli il caro materie prime -aveva detto a giugno Cicetti presentando i num eri del Consorzio in rialzo del 2,6% nei primi cinque mesi del 2023-. C’è la necessità di avviare un confronto e traslare qualche punto percentuale a valle" (vedi EFA News). 

All’origine dei rincari per la salumeria ci sono due fattori. "Un calo fisiologico di qualche punto percentuale dei suini e l’aumento dei costi primari, dei trasporti, dell’energia, dei mangimi, che hanno fatto lievitare significativamente le quotazioni delle materie prime per la salumeria", aggiunge oggi Cichetti auspicando un cambio di passo. Prima possibile. 

Se la marginalità, come detto, risente della situazione, il San Daniele non registra invece ancora contraccolpi sui volumi produttivi: nel terzo trimestre dell’anno, infatti, dovrebbero confermarsi in linea con quelli di un anno fa. "Siamo in leggerissima crescita, pari all’1% - continua Cichetti- in linea con la nostra programmazione".

A fine 2022 le cosce prodotte dai 31 stabilimenti produttivi, dietro ai quali si allunga una filiera che conta su 3.579 allevamenti e 41 macelli, si erano attestate a 2.670.000, in aumento dell'1,5% sul 2021. Le vendite sono state realizzate all’83% in Italia e, al 17%, oltre confine: Francia (27% del totale esportato), Stati Uniti (19%) e Germania (12%) hanno assorbito le maggiori quote di export (vedi EFA News). 

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EFA News - European Food Agency
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