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Macfrut 2025. Innovazione varietale: tutti i contributi dei seminari

Pomacee, kiwi, drupacee, agrumi: tutte le opportunità per i mercati di settore

Con quasi 500 presenze registrate nei quattro seminari Vip (Variety International Project), nel corso di Macfrut 2025, le tematiche legate all’innovazione varietale confermano l'interesse primario degli operatori della filiera frutticola verso le aspettative e i risultati dei principali programmi di miglioramento genetico a livello globale. Nel contempo confermano centralità e dinamismo del settore vivaistico nel panorama ortofrutticolo italiano e internazionale, protagonista a Macfrut nel Salone Plant Nursery Area.

“L'innovazione e lo sviluppo nel settore frutticolo", spiega Stefano Lugli di SL Fruit Service, chairman del simposio a Macfrut, "implicano la continua ricerca e selezione di nuove varietà per migliorare le caratteristiche dei prodotti, adattarli alle esigenze del mercato e alle aspettative dei consumatori, garantendo al contempo una maggiore resistenza alle avversità e un'adeguata resilienza ai cambiamenti climatici. Tale processo di innovazione è essenziale per garantire la redditività delle aziende, la qualità dei prodotti, la sicurezza alimentare e la sostenibilità dell'agricoltura".

Ai quattro workshop dedicati a pomacee, kiwi, drupacee e agrumi - organizzati da Macfrut con il patrocinio della Società Italiana di Ortofrutticoltura e di Civi Italia e la sponsorizzazione di Commercial Gallo, Dorì International, Frutaria Innovation, Kikokà, Kiwi Breeding Centre e Samboa - hanno relazionato oltre 50 tra ricercatori ed esperti in rappresentanza di istituzioni pubbliche e private di undici Paesi (Belgio, Cile, Francia, Germania, Italia, Nuova Zelanda, Repubblica Ceca, Spagna, Sud Africa, Ungheria, Usa).

Eccone un breve resoconto raccontato dai coordinatori delle singole sessioni. La sessione sulle pomacee con i suoi dodici relatori ha offerto una panoramica completa sulle innovazioni varietali nel settore melicolo e pericolo. Il chairman Walter Guerra del Centro di Sperimentazione di Laimburg ha evidenziato “l’importanza della ricerca di genotopi resistenti agli agenti biotici e delle varietà adatte ai cambiamenti climatici; sono stati forniti dati dettagliati sulla diffusione di varietà resistenti e varietà esclusive nei vari comprensori europei. Federico Stanzani del Civ ha presentato Civm49 Red Pop, Civm35 Lilibet e la pera Cheeky, varietà sostenibili e adatte al consumo moderno.

Florian Guidat di Ifo ha introdotto la varietà resistente a buccia verde Canopy e la precoce Hot81A1 Stellar” Sul fronte del breeding pubblico le novità maggiori vengono da progetti italiani. “L’Università di Bologna - prosegue Guerra - ha illustrato nuove varietà di mela (Md01Unibo, Dora, Md03Unibo) e pera (Lucy Sweet, Early Giulia, Lucy Red), con resistenze migliorate e qualità organolettiche elevate. Giuseppina Caracciolo ha descritto il programma Crea, focalizzato su genotipi robusti e innovativi”. Proseguendo “Giulia Montanaro ha presentato il progetto Sambóa, un nuovo segmento di mele extra dolci resistenti alla Glomerella. Nel suo intervento, Joan Bonany di Irta ha descritto il programma di miglioramento genetico catalano Hcp (hot climate program). Infine, Enrico Zignani ha illustrato Regalyou Candine, mela aromatica e croccante, mentre Kris Wouters ha parlato di PremA133 GoodnessMe, la prima mela multiresistente lanciata sul mercato. Il seminario ha confermato il ruolo centrale della ricerca varietale per una frutticoltura resiliente e orientata al mercato”.

Le drupacee confermano uno straordinario fermento nel rinnovo varietale, a dispetto delle crisi ricorrenti di mercato, almeno per il pesco in Italia. Se consideriamo solo l'Unione Europea (UE), secondo le statistiche dell'Ufficio comunitario delle varietà vegetali (Cpvo), dal 1995 sono state ricevute più di 4000 domande per le 10 principali colture arboree da frutto. “Le drupacee", precisa Daniele Bassi dell’Università di Milano, coordinatore della sessione, "rappresentano oltre 1800 domande, con il pesco al primo posto (oltre 1100) in termini di nuove domande. Questo per due motivi: la sua ampia diffusione in tutte le zone temperate e la facilità di ottenimento di nuove cultivar, grazie al suo genoma diploide e all'autocompatibilità fiorale. Un’altra tendenza si è confermata a Rimini, cioè il quasi totale abbandono delle attività di breeding da parte delle istituzioni pubbliche: in Italia resta solo il Crea, mentre negli altri Paesi europei ci sono ancora istituzioni pubbliche attive. Negli Usa tale attività è rimasta solo in alcune università, come per esempio a Clemson (Carolina del Sud) per il pesco. L’Usda, che nella seconda metà del secolo scorso aveva guidato il breeding del pesco, ha abbandonato tale attività, lasciandola al settore privato. Un altro fenomeno occorre segnalare, l’intervento dei fondi di investimento, che acquistano aziende private che lavorano nel breeding, come ad esempio in Spagna”.

“Resta questa apparente contraddizione", continua Bassi, "tra l’elevato numero di cultivar introdotte ogni anno e la confusione che regna nel settore produttivo, che stenta a dotarsi di strumenti per una efficace valutazione del materiale genetico disponibile. L’introduzione del concetto di ‘validità agronomica’ tra gli aspetti necessari per l’attribuzione della privativa potrebbe attenuare tale confusione, almeno in parte. Per quanto riguarda le tecniche di miglioramento genetico", conclude il chairman, "il classico incrocio è di gran lunga il più diffuso, in alcuni casi abbinato alla Mas per alcuni caratteri mendeliani o oligogenici (sia pomologici, soprattutto in pesco, che per la resistenza alle malattie, anche in albicocco e susino)”.

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